Roma, 24 novembre 2025 – Le pensioni restano un terreno di scontro aperto tra esperti e lavoratori, specie dopo gli ultimi cambiamenti normativi che, per molti, hanno lasciato sul tavolo più problemi che soluzioni. Paolo Ricotti, presidente nazionale del Patronato Acli, ha preso la parola questa mattina al seminario “Previdenza Next Gen”, organizzato nella sede romana dell’associazione, lanciando un messaggio chiaro: “Si parla tanto di pensioni, ma nei fatti si è fatto davvero poco, soprattutto per chi ha redditi medio-bassi”.
Sistema contributivo: flessibilità promessa e mai arrivata
Il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, ormai vent’anni fa, ha rivoluzionato il modo in cui gli italiani accumulano il diritto alla pensione. Eppure, sottolinea Ricotti, la tanto sbandierata flessibilità è rimasta solo un’idea sulla carta. “Quella flessibilità concessa è stata rigida e riservata soprattutto a chi ha più mezzi”, ha detto davanti a un pubblico fatto di sindacalisti, consulenti del lavoro e giovani lavoratori.
Ricotti ha poi messo in luce come le misure sperimentali degli ultimi anni – su tutte la Quota 103 – abbiano avuto un peso quasi simbolico. “Nel 2024, Quota 103 è stata scelta da appena 1.100 persone in tutta Italia. Un dato che parla chiaro: non era un’opzione davvero alla portata di tutti”, ha spiegato senza mezzi termini. Il numero, fornito dall’INPS, mostra come la possibilità di andare in pensione prima resti un privilegio per pochi.
La proposta di Ricotti: flessibilità vera per tutti
Per il presidente del Patronato Acli, la strada da seguire è chiara: serve un vero “pacchetto flessibilità” che permetta a ciascuno di decidere quando smettere di lavorare. “Bisogna dare la possibilità di uscire tra i 63 e i 65 anni con almeno 20 anni di contributi, un’evoluzione della riforma Dini”, ha proposto Ricotti. L’idea è quella di creare una finestra mobile, dove si possa anticipare l’uscita accettando però una riduzione dell’assegno mensile.
“Questa è la flessibilità di cui abbiamo bisogno – ha ribadito – qualcosa che il sistema contributivo può permettersi, ma che oggi è praticamente inesistente”. La scelta, secondo Ricotti, deve restare nelle mani di chi lavora: chi vuole più tempo libero può accettare una pensione più bassa; chi preferisce un assegno più alto deve poter restare al lavoro più a lungo.
Pensione minima: un’emergenza ignorata
Un altro nodo importante è quello della pensione minima nel sistema contributivo. Ricotti ha lanciato l’allarme sulle conseguenze della sua scomparsa: “Quando una carriera si interrompe per lutto, malattia o infortunio, oggi si liquidano pensioni di 100 o 200 euro al mese. Sono cifre insostenibili”. Secondo i dati raccolti dal Patronato Acli, ogni anno sono centinaia i casi di persone costrette a vivere con assegni ben sotto la soglia di povertà.
Senza una pensione minima garantita, ha aggiunto Ricotti, “si viola l’articolo 38 della Costituzione, che impone allo Stato di assicurare mezzi adeguati anche in caso di difficoltà”. La Costituzione, ha ricordato, prevede che lo Stato debba garantire una vita dignitosa a chi non può più lavorare. Ma nella realtà di ogni giorno questa tutela sembra venire meno.
Reazioni sul campo e clima politico
Le parole di Ricotti hanno trovato subito eco tra i presenti. Alcuni sindacalisti hanno annuito, altri hanno preso appunti con attenzione. “Non si può più ignorare chi resta indietro”, ha confidato a margine una giovane consulente del lavoro romana.
Sul fronte politico, invece, il dibattito continua a essere incerto. Nei corridoi del Parlamento si discute da mesi di possibili interventi sul sistema previdenziale, ma le risorse scarseggiano e le urgenze sono tante. Per ora, il governo non ha ancora messo sul tavolo una proposta chiara né sulla flessibilità in uscita né sulla reintroduzione della pensione minima contributiva.
Che cosa ci aspetta
In attesa di segnali concreti da parte delle istituzioni, il Patronato Acli promette di tenere alta la voce su questi temi. “Dobbiamo tornare a garantire un livello minimo che assicuri una vita dignitosa alle persone”, ha concluso Ricotti prima di lasciare la sala. Tra i partecipanti al seminario si respirava la sensazione che il tempo delle riforme a metà sia finito. Ora serve un cambio di passo vero, capace di ridare fiducia ai lavoratori e sicurezza a chi guarda al futuro con sempre più apprensione.