Roma, 24 novembre 2025 – Il sistema pensionistico contributivo italiano continua a mostrare crepe evidenti, soprattutto sul fronte della solidarietà tra generazioni e nella tutela dei lavoratori più vulnerabili. A far emergere queste criticità è stato ieri il seminario “Previdenza Next Gen” tenutosi a Roma, dove il professor Stefano Giubboni, ordinario di Diritto del Lavoro all’Università di Perugia, ha messo in luce i problemi più urgenti e le possibili strade da percorrere.
Il modello contributivo sotto accusa: solidarietà che manca
L’incontro, ospitato nella sede del Patronato Acli in via Marcora, ha fatto il punto su un sistema che, secondo Giubboni, presenta diverse lacune. “Abbiamo fatto un’analisi chiara sui punti deboli del sistema contributivo, in particolare sulla mancanza di solidarietà tra generazioni e sulle fragilità che lascia scoperti molti lavoratori”, ha spiegato il docente. Il modello attuale, nato con la riforma Dini del 1995, si basa su un rapporto diretto tra quanto versato e quanto si riceve. Ma questa logica rischia di penalizzare chi ha avuto carriere discontinue, chi ha fatto lavori precari o mal pagati e, più di tutti, le donne.
“Non esiste una soluzione che riguardi solo le pensioni”, ha aggiunto Giubboni. “Bisogna agire anche sul mercato del lavoro, dando più attenzione a giovani e donne”. Un dato noto ma che resta drammaticamente attuale: la precarietà degli ultimi vent’anni ha pesato come un macigno sulla possibilità di accumulare contributi sufficienti per una pensione dignitosa.
La proposta che convince: la pensione contributiva di garanzia
Tra le idee emerse, una ha raccolto un consenso particolare: la pensione contributiva di garanzia. Si tratta di un meccanismo che mantiene il sistema contributivo ma cerca di correggerne i punti più deboli. “È una correzione importante – ha detto Giubboni – che permette di tenere il modello, ma di coprire le falle legate a carriere discontinue, lavoro povero e alla maggiore fragilità delle donne nel sistema”.
Non è una novità assoluta. Si parla da tempo di questa soluzione nei tavoli tecnici e in Parlamento, ma finora non si è mai concretizzata. “La mancanza di volontà politica finora ha bloccato tutto”, ha ammesso il professore. Eppure, per molti esperti presenti, questa misura potrebbe davvero aiutare a contrastare le nuove povertà nate dal mercato del lavoro frammentato.
Patronato Acli in prima linea: dalle analisi alle proposte concrete
Un altro punto chiave emerso è la necessità di trasformare le analisi in proposte operative. “La novità è la volontà di passare dalle riflessioni a interventi concreti”, ha sottolineato Giubboni. E sembra proprio che il Patronato Acli voglia fare da traino in questa direzione.
Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli e presente all’incontro, ha ribadito l’impegno dell’associazione nel chiedere una riforma che risponda alle nuove esigenze sociali. “Non possiamo più permetterci un sistema che lascia indietro i più deboli”, ha detto. “Serve una risposta strutturale che guardi ai giovani, alle donne e a chi ha lavorato senza tutele per anni”.
Giovani e donne: le sfide che ci attendono
I dati dell’INPS parlano chiaro: negli ultimi dieci anni il numero di lavoratori con carriere discontinue è salito del 18%. Le donne, ancora oggi, sono più esposte al rischio di pensioni basse. Nel 2024, la loro pensione media è stata inferiore del 27% rispetto a quella degli uomini. Un divario che rischia di allargarsi se non si interviene.
Il seminario si è chiuso con un appello rivolto al legislatore: “Serve coraggio”, ha detto una rappresentante sindacale. “Non possiamo più aspettare che sia una crisi sociale a spingere la politica ad agire”. Solo così, hanno concordato in molti, si potrà costruire un sistema previdenziale davvero giusto e inclusivo.
In attesa che il Parlamento faccia passi concreti, il dibattito resta aperto. E la richiesta di una pensione contributiva di garanzia torna a essere protagonista dell’agenda sociale.