Milano, 6 novembre 2025 – Il prezzo del petrolio ha iniziato la giornata in leggero rialzo sui mercati internazionali. Questa mattina, alle 9.30 ora italiana, il WTI si è fermato a 59,82 dollari al barile, segnando un aumento dello 0,30% rispetto alla chiusura di ieri. Il Brent, punto di riferimento in Europa, ha toccato invece i 63,72 dollari, crescendo dello 0,33%. Dietro a questo movimento, secondo gli operatori di Piazza Affari, ci sono sia le attese sulle prossime mosse dell’OPEC, sia le tensioni geopolitiche in alcune zone chiave della produzione.
Mercati in bilico, occhi puntati sull’OPEC
La giornata è partita con una certa prudenza tra gli investitori. Gli esperti di Intesa Sanpaolo hanno spiegato che “il mercato sta seguendo con attenzione le prossime riunioni dell’OPEC+ in programma la settimana prossima”. In particolare, si aspetta una conferma o un possibile aggiustamento dei tagli alla produzione già in corso. “Le quotazioni restano sostenute dalla possibilità che l’organizzazione mantenga una linea cauta”, ha detto un trader milanese raggiunto al telefono poco dopo l’apertura delle contrattazioni.
Negli ultimi mesi, la produzione globale di greggio è rimasta stabile, ma non sono mancati segnali di tensione. Solo ieri, il ministro dell’Energia saudita ha ribadito che “l’OPEC farà tutto il necessario per mantenere il mercato stabile”, lasciando intendere una possibile estensione delle restrizioni attuali.
Geopolitica calda, domanda globale incerta
A spingere i prezzi ci sono anche le notizie dal Medio Oriente. Fonti diplomatiche raccolte da Reuters raccontano di nuovi scontri nelle ultime 48 ore nell’area del Golfo Persico, con riflessi immediati sulle attese degli operatori. “Ogni volta che si accende un focolaio in quella zona, il mercato reagisce quasi d’istinto”, ha commentato un analista di Borsa Italiana.
Sul fronte della domanda, invece, i segnali sono contrastanti. L’Agenzia Internazionale dell’Energia ha pubblicato ieri un report secondo cui la richiesta globale di petrolio dovrebbe aumentare nel quarto trimestre del 2025, spinta soprattutto dalla ripresa industriale in Asia e dal settore dei trasporti negli Stati Uniti. Restano però dubbi sull’andamento dell’economia cinese e sulle politiche energetiche europee.
Prezzi in salita, l’effetto sulle famiglie e imprese italiane
L’andamento del petrolio si riflette anche sulle tasche degli italiani. Secondo i dati di Unione Petrolifera, nelle ultime settimane il prezzo medio della benzina alla pompa è salito a 1,89 euro al litro, mentre il diesel si mantiene intorno a 1,77 euro. “Ogni variazione delle quotazioni internazionali arriva rapidamente ai distributori”, spiega un gestore di una stazione di servizio a Rozzano, vicino Milano.
Le aziende che consumano molta energia – dal settore chimico a quello dei trasporti – seguono con attenzione l’evoluzione del mercato. “Anche un piccolo aumento del prezzo del barile può pesare sui nostri costi operativi”, ammette il direttore finanziario di una società logistica lombarda. Per questo molte imprese stanno valutando come proteggersi da eventuali oscillazioni improvvise.
Che cosa aspettarsi nelle prossime settimane
Gli operatori restano cauti. Secondo le previsioni raccolte da Bloomberg tra i principali broker europei, il prezzo del petrolio potrebbe rimanere su questi livelli almeno fino a fine mese. “Molto dipenderà dalle decisioni dell’OPEC+ e dall’evoluzione della situazione internazionale”, sottolinea un analista romano esperto di materie prime.
Intanto, il mercato resta attento a ogni segnale che arriva dalle cancellerie internazionali e dai dati economici. Solo allora si potrà capire se il leggero rialzo di oggi è l’inizio di una nuova fase o solo una pausa nella volatilità che da mesi caratterizza il settore energetico.
Per ora, gli occhi restano puntati su Vienna – sede storica delle riunioni OPEC – e sulle schermate delle sale trading di Londra e New York. Il petrolio si muove piano. Ma basta poco per cambiare rotta.