Roma, 4 novembre 2025 – Valeria Fonte, scrittrice e attivista, ha scelto i social per rispondere alle accuse che l’hanno travolta negli ultimi giorni, dopo la diffusione di alcune sue chat private finite al centro di un’inchiesta giornalistica. In un video pubblicato ieri sera, Fonte ha parlato di una vera e propria “violazione dei diritti” e di un “attacco personale a livello nazionale”, sottolineando come la diffusione non autorizzata dei suoi messaggi rappresenti, a suo avviso, un precedente molto pericoloso.
Valeria Fonte: “Sono opinioni private, nessun insulto a Mattarella o Segre”
Nel video, diffuso intorno alle 19 sui suoi canali ufficiali, Fonte appare provata ma determinata. “Sono una cittadina incensurata”, ha detto, “e da due giorni mi ritrovo sui giornali e nei telegiornali per una chat privata diffusa senza il mio consenso”. Ha smentito con decisione le accuse di aver insultato figure istituzionali come Sergio Mattarella, Liliana Segre o Papa Francesco: “Quelle parole non ci sono, non ho mai offeso nessuno di loro”, ha chiarito, negando quanto riportato da alcune testate.
Secondo la scrittrice, i messaggi pubblicati sono stati “estratti da atti di indagine in corso che non riguardano quei contenuti”. Un particolare che, secondo lei, rende la vicenda ancora più grave. “Tutto quello che è finito online non ha nulla a che vedere con il procedimento”, ha aggiunto. Poi la frase che ha già acceso il dibattito: “Guardare nel telefono di una persona senza permesso è come guardarla nelle mutande”. Un paragone forte, che ha scatenato la discussione sui confini della privacy digitale.
La denuncia e il rischio per chi parla di violenze
Nel corso del video, Fonte ha annunciato di aver “presentato una denuncia” per la diffusione non autorizzata del materiale privato. Ma il nodo più delicato riguarda alcune conversazioni pubblicate con donne che le avevano confidato esperienze di violenza. “Diffondere quei contenuti non mette in pericolo solo me, ma anche le donne coinvolte”, ha spiegato l’attivista. Per lei, dopo questo episodio sarà ancora più difficile per chi subisce abusi trovare il coraggio di parlare.
“Il sistema mediatico ha trasformato questa vicenda in una gogna pubblica”, ha detto Fonte. E ha aggiunto: “Se oggi tocca a me perché sembro scomoda a qualcuno che ha potere, domani può succedere a chiunque”. Parole che hanno trovato eco tra alcuni sostenitori e colleghi attivisti, preoccupati per le conseguenze sulla libertà di parola e sulla protezione delle vittime.
La risposta a Selvaggia Lucarelli e il nodo della privacy digitale
L’inchiesta che ha portato alla pubblicazione delle chat è firmata da Selvaggia Lucarelli, che ha difeso la scelta sostenendo l’“interesse pubblico”. Nel suo articolo, Lucarelli ha riportato pezzi di conversazioni attribuite a Fonte e ad altri, presentandoli come prova di un atteggiamento aggressivo verso giornalisti e figure pubbliche. Fonte però respinge questa lettura: “La mia colpa è solo aver detto opinioni personali su politici e giornalisti. Non ho commesso alcun reato”.
Nel video, la scrittrice è chiara: non intende chiedere scusa per i toni usati nelle chat. “Sono sfoghi privati, non discorsi d’odio”, ribadisce. E aggiunge: “Non sono una criminale, non rubo, non mando bombe su Gaza. Mi giudicano per antipatie, non per colpe”. Un passaggio che mostra la distanza tra la versione dei fatti raccontata dai media e quella dell’attivista.
Il caso che riapre il confronto sui diritti digitali
Alla fine del video, Fonte lancia un appello più ampio sulla tutela della privacy e dei diritti digitali. “Se qualcuno può entrare nelle mie informazioni personali senza passare da un giudice, vuol dire che qualcosa non funziona nel sistema”, dice. E conclude: “Questo non è solo un problema mio, riguarda tutti”.
La vicenda – ancora aperta – rimette al centro del dibattito pubblico il tema della gestione dei dati personali e i limiti dell’informazione quando si tratta di materiale privato. Intanto, la denuncia presentata da Fonte potrebbe aprire nuovi sviluppi giudiziari nelle prossime settimane. Nel frattempo, sui social si moltiplicano i commenti: tra chi chiede più protezione per la privacy e chi invoca trasparenza totale in nome dell’interesse collettivo.