Pavia, 4 novembre 2025 – Nuovo capitolo nel caso Garlasco, uno dei più intricati della cronaca italiana. Al centro della scena ora c’è Mario Venditti, ex procuratore capo di Pavia, finito sotto indagine in due diverse inchieste. La battaglia giudiziaria che lo coinvolge rischia di tenere nascosto il contenuto di undici device sequestrati. Lunedì pomeriggio, davanti al Tribunale del Riesame di Brescia, la difesa ha chiesto un incidente probatorio, bloccando così l’accesso ai dati contenuti nei dispositivi e rimandando la possibilità di scoprire cosa nascondano.
Mario Venditti, il nuovo protagonista del caso Garlasco
Fino a pochi mesi fa, il nome di Mario Venditti – ora in pensione – non compariva tra i principali personaggi legati al caso Chiara Poggi. Ma oggi la procura di Brescia lo accusa di corruzione in atti giudiziari. Secondo gli investigatori, avrebbe preso soldi da Giuseppe Sempio, padre di Andrea (indagato nel 2017 e di nuovo ora), per far chiudere il fascicolo contro il figlio. Insieme a Venditti, anche Sempio senior è indagato per corruzione. “Non ho mai deciso da solo sulle intercettazioni o sui contratti di noleggio”, ha detto Venditti ai giudici, confermando la sua estraneità ai fatti.
Il “sistema Pavia” e l’inchiesta Clean 2
Non è solo il caso Garlasco a tenere banco. Venditti è coinvolto anche nell’inchiesta Clean 2, che ha smascherato il cosiddetto “sistema Pavia”: una rete di favori scambiati tra magistrati, agenti di polizia giudiziaria e imprenditori. Con lui finisce nel mirino anche Pietro Paolo Mazza, oggi pm a Milano e collega di Venditti ai tempi di Pavia. Le accuse sono gravi: corruzione e peculato. Secondo gli inquirenti, tra il 2014 e il 2021 la procura sarebbe stata gestita come una sorta di “cabina di regia” nascosta, con Venditti e Mazza a fare da registi.
Undici dispositivi sequestrati, il nodo da sciogliere
Il filo che lega le due inchieste sono gli undici dispositivi informatici sequestrati a Venditti: computer, hard disk e telefoni cellulari che potrebbero contenere prove importanti. Il primo sequestro era stato annullato dal Riesame per errori formali, non per il merito. Ma subito dopo la procura ha disposto un nuovo sequestro. Stavolta, però, la difesa ha agito in fretta: l’avvocato Domenico Aiello ha presentato una richiesta di incidente probatorio poche ore prima dell’inizio delle operazioni tecniche, previste per il pomeriggio del 3 novembre.
La difesa blocca tutto: nessuna analisi senza un giudice
La strategia è chiara: fermare le operazioni di perquisizione e copia dei dati finché non c’è un controllo da parte di un giudice terzo. “Non possiamo lasciare che si facciano operazioni senza il via libera e la supervisione di un magistrato imparziale”, ha spiegato Aiello ai giornalisti fuori dal tribunale. Il collegio ha preso qualche giorno per decidere, sospendendo di fatto ogni attività sui dispositivi. Una mossa che molti vedono come un modo per guadagnare tempo e rallentare le indagini.
Un mistero che potrebbe durare ancora a lungo
Il rischio è che il contenuto di quei dispositivi – potenzialmente decisivo sia per il caso Garlasco sia per l’inchiesta sul sistema Pavia – resti ancora a lungo nascosto. “Qui siamo davanti a uno spettacolo montato ad arte, alimentato dal clamore mediatico”, ha detto Aiello, definendo il suo assistito una “vittima sacrificale” di uno “show giudiziario” che va avanti da quasi vent’anni. Ma tra gli addetti ai lavori la sensazione è che la verità, per ora, resti sepolta dietro file criptati e password. Solo quando quei computer e telefoni saranno aperti, se mai accadrà, si potrà capire se contengono qualcosa di davvero utile o se tutto resterà avvolto nell’incertezza.
Nel frattempo, a Pavia e Brescia si attende la decisione del tribunale. Un’attesa che pesa sulle indagini e sulle famiglie coinvolte, mentre il caso Garlasco continua a sollevare dubbi e sospetti. La cronaca giudiziaria italiana si arricchisce così di un nuovo, complicato capitolo fatto di strategie legali e silenzi digitali.