Il ceto medio in crisi: redditi stagnanti e consumi in calo

Il ceto medio in crisi: redditi stagnanti e consumi in calo
Il ceto medio italiano, che rappresenta circa il 66% della popolazione, si trova attualmente in una situazione di grande difficoltà economica. Nonostante la maggior parte degli italiani che si riconoscono in questa categoria valorizzi l’importanza del sapere e delle competenze, il contesto economico attuale sembra andare in direzione contraria. Infatti, il 90% degli intervistati nel recente rapporto Cida-Censis ha dichiarato che le proprie capacità e il proprio merito non vengono adeguatamente riconosciuti nel mercato del lavoro. Questo gap tra aspettative e realtà ha portato a una crescente insoddisfazione e a un conseguente calo dei consumi: il 45% degli italiani ha già ridotto le proprie spese.
la stagnazione dei redditi
Il rapporto, intitolato ‘Rilanciare l’Italia dal ceto medio. Riconoscere competenze e merito, ripensare fisco e welfare’, mette in luce come oltre la metà del ceto medio abbia visto il proprio reddito stagnare negli ultimi anni. Inoltre:
- Più di un quarto degli intervistati ha assistito a una diminuzione del proprio reddito.
- Solo il 20% riporta un miglioramento.
- Solo il 18% delle famiglie con figli ritiene che la propria condizione economica sia migliorata rispetto a dieci anni fa.
- Il 26,9% percepisce la propria situazione come peggiorata.
un quadro preoccupante
Un’analisi più approfondita dei dati sul reddito mostra un quadro preoccupante. Suddividendo la popolazione italiana in decili in base alla ricchezza netta familiare dal 2014 al 2024, emerge che:
- I primi cinque decili, comprendenti il ceto popolare e il ceto medio basso, hanno subito una riduzione reale del reddito del -2,9%.
- I decili dal sesto all’ottavo, rappresentativi del ceto medio alto, hanno registrato un tracollo ben più significativo, con un -19,7% reale.
- Anche i due decili apicali, quelli dei benestanti, non sono stati risparmiati, con una diminuzione del -4,3%.
Stefano Cuzzilla, riconfermato Presidente di Cida, ha sottolineato la precarietà del ceto medio con una frase che riassume la sua condizione: “È troppo ricco per ricevere aiuto, ma troppo povero per costruire futuro”. Cuzzilla ha evidenziato l’urgenza di ricucire il tessuto socio-economico del Paese, chiedendo interventi che prevedano una minore tassazione sul lavoro e una maggiore equità nel sistema di welfare.
le risposte del governo
In risposta a questa crisi, il governo ha dichiarato di voler lavorare per migliorare la situazione del ceto medio. Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha annunciato che uno dei prossimi passi sarà la revisione dell’aliquota fiscale per i redditi compresi tra 28.000 e 50.000 euro, portandola dal 35% al 33%. Leo ha spiegato che il governo ha già fatto progressi nella protezione dei redditi medio-bassi, passando da quattro a tre aliquote fiscali, ma è fondamentale ora concentrarsi sul ceto medio.
Attualmente esiste un sistema a tre aliquote: 25%, 35% e 43%. Tuttavia, queste aliquote non sono definitive, poiché si devono considerare anche le addizionali, il che significa che chi ha un reddito superiore ai 50.000 euro può arrivare a subire una tassazione complessiva di circa il 50%. La necessità di un intervento mirato sulla fascia di reddito tra 28.000 e 60.000 euro è evidente, e Leo ha promesso che l’intera maggioranza è orientata a trovare soluzioni in questa direzione.
L’analisi del ceto medio non è solo una questione di numeri e percentuali, ma riguarda anche le vite reali delle persone. Molti italiani che appartengono a questa categoria si sentono bloccati, incapaci di pianificare il proprio futuro e quello delle loro famiglie. La stagnazione dei redditi e l’incertezza economica hanno effetti diretti sui consumi, che a loro volta influenzano la crescita economica complessiva del Paese.
In definitiva, la situazione del ceto medio rappresenta una sfida significativa per l’Italia. La mancanza di riconoscimento del merito e delle competenze, unita a un sistema fiscale percepito come ingiusto, sta contribuendo a una spirale di insoddisfazione e di riduzione dei consumi. Le misure annunciate dal governo potrebbero rappresentare un primo passo per affrontare queste problematiche, ma è necessario un impegno concreto e duraturo per garantire un futuro più equo e prospero a questa fondamentale componente della società italiana.