Roma, 15 dicembre 2025 – L’Unesco ha appena inserito la “Cucina italiana fra sostenibilità e diversità bio-culturale” nella Lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale. Un riconoscimento che, come ha sottolineato oggi Ismea, premia non solo i piatti più famosi, ma tutto il sistema di saperi, lavoro e identità che li sostiene. La decisione, annunciata nelle ultime ore, segna una tappa importante per l’Italia. Ora, come hanno detto Livio Proietti, presidente Ismea, e Sergio Marchi, direttore generale, tocca a noi “proteggere la qualità, rafforzare le filiere, promuovere la sostenibilità e trasmettere alle nuove generazioni questo patrimonio unico”.
Un riconoscimento che coinvolge territori e famiglie
Dietro la cucina italiana c’è molto più che una lista di ricette. “È una conquista che appartiene a tutti”, hanno spiegato Proietti e Marchi in una nota congiunta diffusa stamattina. Il riferimento è alle produzioni agricole, ai piccoli produttori, ai ristoratori, ai territori e alle famiglie che ogni giorno tengono viva una tradizione fatta di gesti antichi e innovazione costante. La candidatura, sostenuta dal Governo e dal Ministero dell’Agricoltura guidato da Francesco Lollobrigida, ha visto una partecipazione ampia: dalle associazioni di categoria ai consorzi, fino alle comunità locali.
Un valore economico che parla chiaro: 251 miliardi nel 2024
Il dato che colpisce di più è il peso economico della ristorazione italiana nel mondo. Secondo Ismea, nel 2024 il settore ha raggiunto un valore complessivo di 251 miliardi di euro. Una cifra che racconta la forza della nostra tradizione enogastronomica e la sua capacità di generare valore, non solo culturale ma anche economico su scala globale. “La cucina italiana è riconosciuta ovunque per la sua alta qualità”, ha ricordato Proietti, sottolineando come il riconoscimento Unesco possa spingere ancora di più l’intero sistema agroalimentare nazionale.
Filiera, sostenibilità e una sfida da non sottovalutare
Non si parla solo di piatti celebri come la pizza o la pasta. Il riconoscimento Unesco mette in luce un patrimonio vivo, fatto di saperi tramandati, filiere produttive, convivialità e rispetto per la biodiversità. “Ci aspetta una responsabilità in più”, hanno ribadito i vertici Ismea: rafforzare le filiere, promuovere pratiche sostenibili e fare in modo che la qualità resti al centro anche negli anni a venire. Un compito che coinvolge agricoltori, chef, imprenditori e istituzioni.
Il sostegno del Governo e il plauso di Ismea
Il percorso che ha portato la cucina italiana nella lista Unesco non è stato breve né semplice. Ismea ha espresso “vive congratulazioni al Governo Meloni e al Ministro Lollobrigida per il traguardo raggiunto”, riconoscendo l’impegno delle istituzioni in ogni fase della candidatura. “Questo risultato rafforza l’immagine dell’Italia nel mondo”, hanno aggiunto Proietti e Marchi, “e dà nuova spinta all’intero sistema agroalimentare nazionale”.
Tradizione e futuro: il patrimonio da passare alle nuove generazioni
La sfida ora è doppia: da una parte proteggere ciò che già c’è, dall’altra trasmettere alle nuove generazioni un patrimonio fatto di conoscenze, gesti quotidiani e rispetto per la terra. “Dobbiamo continuare a puntare sulla qualità”, ha spiegato Marchi, “e fare in modo che la cucina italiana resti un punto di riferimento anche per chi verrà dopo di noi”. In questo senso, il riconoscimento Unesco non è solo un traguardo, ma anche un nuovo inizio.
Un patrimonio vivo che parla al mondo
La cucina italiana – con le sue infinite sfumature regionali, i prodotti tipici e le storie di famiglia – si conferma uno dei grandi ambasciatori dell’Italia nel mondo. Un patrimonio vivo, fatto di persone prima ancora che di ricette, che oggi riceve un riconoscimento internazionale ma che ogni giorno si rinnova nelle case, nei ristoranti e nei mercati del Paese. Proprio qui, tra le mani di chi impasta o raccoglie, passa il testimone di una tradizione che guarda al futuro senza dimenticare le proprie radici.









