Roma, 13 dicembre 2025 – Il Consorzio di tutela del Pecorino Romano non vuole mollare di fronte al nuovo dazio del 15% imposto dagli Stati Uniti sul famoso formaggio italiano. A dirlo è Gianni Maoddi, presidente del Consorzio, in un’intervista ad Adnkronos/Labitalia. “Non abbiamo intenzione di arrenderci, continuiamo a lottare per togliere questo dazio”, ha spiegato, sottolineando che il pecorino romano è in lista per essere escluso dai dazi nel corso delle trattative tra Unione Europea e Stati Uniti.
Dazi Usa, il Consorzio spinge e le trattative vanno avanti
Questo nuovo dazio del 15% pesa molto sul settore. Fino a quest’anno, il pecorino romano era rimasto fuori dalle tariffe americane proprio per alcune sue caratteristiche produttive. “Nel 2019 eravamo stati esclusi dai dazi proprio per come viene prodotto – ricorda Maoddi – e ora stiamo cercando di portare avanti le stesse ragioni”. Il Consorzio non è rimasto a guardare: “Il mese scorso siamo stati a Washington per una settimana, abbiamo incontrato senatori americani e spiegato bene cosa rende unico il nostro formaggio”, racconta il presidente.
La partita però non è chiusa. Secondo Maoddi, la possibilità di togliere il dazio dipende da alcune mosse dell’Unione Europea. “Qualcuno, durante una riunione della task force dazi al Ministero degli Esteri, ha detto che potremmo vedere sviluppi tra fine gennaio e inizio febbraio”, spiega. Solo allora gli Stati Uniti potranno rivedere la loro posizione sul formaggio italiano.
Export in crescita ma la situazione resta incerta
Sul fronte dei numeri, la situazione è ancora in divenire. “A causa dello shutdown negli Usa tra ottobre e novembre, abbiamo dati aggiornati solo fino al 31 agosto”, spiega Maoddi. Fino a quel momento, le esportazioni di pecorino romano verso gli Stati Uniti erano salite del 9% rispetto allo stesso periodo del 2024. Un segnale positivo, anche se probabilmente influenzato da acquisti fatti d’anticipo ad aprile (quando sono stati annunciati i dazi) e ad agosto (quando sono stati confermati).
Il presidente invita a non cantare vittoria troppo presto: “È ancora presto per tirare un bilancio sugli effetti dei dazi. Negli Stati Uniti c’è una scorta importante e serviranno almeno altri 4-6 mesi per capire cosa succederà davvero”. Un punto è chiaro: il dazio pesa soprattutto su quel pecorino destinato all’industria alimentare americana, dove viene usato come ingrediente per piatti pronti e salse. Sul fronte dei negozi, invece, l’impatto è minore: “Un dazio di 1,50-1,80 euro al chilo pesa meno su un prodotto già costoso e rivolto a un consumatore che spende di più”, commenta Maoddi.
Il mercato italiano trema, ma si cercano soluzioni
Anche in Italia si sentono gli effetti dei dazi. “Il problema più grosso è sul mercato nazionale, dove si aspetta con prudenza un possibile calo delle esportazioni verso gli Usa”, spiega Maoddi. Da agosto a oggi, il prezzo del pecorino romano è sceso di circa 70 centesimi al chilo, anche a causa del rallentamento dei consumi interni. “È una situazione di attesa: il mercato aspetta un calo dei consumi americani, ma per ora non si vede”, aggiunge il presidente.
Per dare una mano al settore, sono stati attivati diversi interventi. Il bando indigenti del Masaf prevede il ritiro dal mercato di formaggio da distribuire agli indigenti tramite Croce Rossa e altre associazioni: ci sono già oltre 12 milioni di euro a disposizione, con altri fondi dalla Regione Sardegna (fino a 22 milioni) e dalla Regione Lazio (un milione per la quota locale). Inoltre, la Regione Sardegna ha messo a disposizione un fondo di rotazione da 14 milioni per aiutare le aziende in difficoltà di liquidità.
Il pecorino romano, un pilastro per la Sardegna e l’export italiano
Il pecorino romano è una parte fondamentale dell’economia agricola sarda: vale circa il 40% del Pil agricolo regionale. La produzione annuale si aggira sui 360 mila quintali, di cui il 70% va all’estero. Gli Stati Uniti sono il mercato principale (130 mila quintali), seguiti dall’Unione Europea (55 mila), Canada, Giappone e Australia. Il Consorzio riunisce circa 8.500 aziende agricole e dà lavoro a circa 25 mila persone tra allevatori, operai dei caseifici e addetti alla trasformazione.
“Rispetto ad altri prodotti, come il latte vaccino, la nostra situazione è più gestibile – conclude Maoddi – anche grazie alle misure messe in campo che porteranno benefici a breve e medio termine”. Il presidente resta ottimista: “Il 2025 lo considero ancora un anno positivo: ci sono stati mesi di crescita, la situazione va seguita con attenzione, ma non è drammatica”.










