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Addio a Frank Gehry, il genio dell’architettura che ha rivoluzionato il nostro modo di vedere gli edifici

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Addio a Frank Gehry, il genio dell'architettura che ha rivoluzionato il nostro modo di vedere gli edifici
Addio a Frank Gehry, il genio dell'architettura che ha rivoluzionato il nostro modo di vedere gli edifici
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Milano, 6 dicembre 2025 – Frank Gehry, uno dei più celebri e discussi protagonisti dell’architettura contemporanea, è morto ieri a Los Angeles all’età di 96 anni. La notizia, confermata dal New York Times e rilanciata nelle prime ore di questa mattina dalle principali agenzie internazionali, segna la chiusura di un capitolo importante. Gehry, con le sue forme irregolari e materiali insoliti, ha trasformato il volto di molte città, lasciando un segno indelebile che va ben oltre il semplice disegno degli edifici.

L’architetto che ha rivoluzionato le città

Nato a Toronto nel 1929 e trasferitosi negli Stati Uniti da giovane, Gehry ha sempre raccontato di aver iniziato a “giocare con le forme” fin da bambino. “Mi piaceva piegare il cartone, vedere cosa succedeva”, confessava in una delle sue ultime interviste. Da quei primi esperimenti casalinghi sono nati progetti ormai entrati nell’immaginario collettivo: il Guggenheim Museum di Bilbao, la Walt Disney Concert Hall a Los Angeles, la Fondation Louis Vuitton a Parigi. Edifici che, come ha scritto il critico Paul Goldberger, “sembrano muoversi anche quando sono fermi”.

Un segno inconfondibile nel panorama urbano

Le sue opere, spesso rivestite di titanio, vetro o acciaio lucido, sono diventate veri simboli di rinascita urbana. Il Guggenheim di Bilbao, inaugurato nel 1997, ha trasformato una città industriale in difficoltà in una meta internazionale per l’arte e il turismo. “Non volevo solo un museo”, aveva spiegato Gehry alla cerimonia di apertura, “ma un posto dove la gente avesse voglia di tornare”. La sua firma – curve audaci, superfici che giocano con la luce in modo imprevedibile – è diventata sinonimo di una nuova idea di architettura: meno rigida, più vicina al caos creativo della vita reale.

Tra premi e polemiche

Nel corso della sua lunga carriera, Gehry ha raccolto i premi più importanti: dal Pritzker Prize nel 1989 alla Medaglia d’Oro dell’American Institute of Architects. Ma non sono mancate le critiche. Alcuni colleghi lo hanno accusato di dare troppa importanza alla forma, a scapito della funzione; altri hanno fatto notare i costi elevati dei suoi progetti. Lui rispondeva con ironia: “Non costruisco per piacere a tutti. Costruisco per sorprendere”. E spesso ci riusciva. Nel 2014, durante una conferenza stampa a Oviedo, aveva liquidato le polemiche con una battuta: “La mia architettura? È solo un modo per raccontare storie”.

Un’eredità che va oltre le costruzioni

Oltre ai suoi lavori più celebri, Gehry ha lasciato un’impronta anche nella formazione di nuove generazioni di architetti. Ha insegnato alla Yale School of Architecture e alla University of Southern California, spingendo gli studenti a “non avere paura del disordine”. Il suo studio a Santa Monica è stato un laboratorio di talenti: molti collaboratori hanno poi preso strade proprie, portando avanti la lezione del maestro.

Il mondo dell’arte piange un gigante

La notizia della scomparsa ha scosso subito il mondo dell’arte e dell’architettura. Il direttore del Guggenheim di Bilbao, Juan Ignacio Vidarte, ha parlato di “una perdita enorme per la cultura mondiale”. Anche Renzo Piano, raggiunto telefonicamente nella sua casa a Genova, ha ricordato l’amico e rivale: “Frank aveva il coraggio di rischiare. Non si accontentava mai”. Sui social, centinaia di messaggi da studenti e appassionati: “Ci hai insegnato a guardare le città con occhi nuovi”, si legge in uno dei tanti post pubblicati questa mattina.

Un addio nel segno della riservatezza

I funerali si terranno nei prossimi giorni a Los Angeles, in forma privata. La famiglia – la moglie Berta Isabel Aguilera e i figli – ha chiesto rispetto e discrezione. Intanto, davanti agli edifici che portano la sua firma, i visitatori si moltiplicano: qualcuno si ferma a osservare le superfici ondulate del Guggenheim, altri immortalano i riflessi della Disney Hall al tramonto. Segni tangibili di un’eredità destinata a parlare ancora a lungo, ben oltre la scomparsa del suo creatore.

Written by
Mirko Fabrizi

Sono un appassionato narratore di storie di italiani che hanno deciso di intraprendere un viaggio all’estero, sia per lavoro che per dare vita a nuove avventure imprenditoriali. La mia penna si muove tra le esperienze di chi ha lasciato la propria terra d'origine per seguire sogni e aspirazioni, affrontando sfide e scoprendo opportunità in contesti diversi. Credo fermamente nel potere delle storie di ispirare e connettere le persone, e mi piace esplorare come la cultura italiana si intrecci con quella di altri paesi. Con ogni articolo su smetteredilavorare.it, cerco di dare voce a chi ha scelto di cambiare il proprio destino, portando un pezzo d'Italia nel mondo e dimostrando che la passione e la determinazione possono aprire le porte a nuove realtà.

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