Roma, 27 novembre 2025 – Sicurezza sul lavoro e competenze professionali sono stati al centro della 13ª Giornata nazionale dell’ingegneria della sicurezza, organizzata oggi a Roma dal Consiglio nazionale degli ingegneri (Cni). Un evento che, come ha spiegato il vicepresidente Elio Masciovecchio, vuole rafforzare quella che definisce “l’infrastruttura invisibile del vivere civile”: un sistema fatto di regole, formazione, tecnologie e cultura condivisa, spesso poco visibile ma essenziale per proteggere lavoratori e cittadini.
Norme più stringenti, ma la situazione resta difficile
Negli ultimi anni l’Italia ha messo in campo una normativa sempre più dettagliata sulla prevenzione dei rischi nei luoghi di lavoro. Eppure, il quadro rimane “certamente complesso”, ha ammesso il Cni. I dati Inail raccontano una storia a due facce: tra il 2020 e il 2024 le denunce di infortunio sono passate da 572.406 a 592.882, con un aumento del 3,5%. Ma se si guarda più da vicino, gli incidenti realmente avvenuti sul posto di lavoro sono calati del 3,2%, mentre quelli “in itinere” – cioè durante il tragitto casa-lavoro – sono cresciuti del 56%. Un segnale che riflette anche i cambiamenti nelle abitudini di spostamento e le difficoltà legate ai trasporti.
Per quanto riguarda gli infortuni mortali, la tendenza è più chiara: le denunce legate al luogo di lavoro sono scese da 1.502 nel 2020 a 894 nel 2024, con un calo del 40%. L’Inail prevede un ulteriore calo nel 2025. Al contrario, i casi mortali “in itinere” sono aumentati quasi del 30%. Complessivamente, gli incidenti mortali sono diminuiti del 30% in quattro anni. “Anche un solo infortunio è un problema serio”, ha ricordato il Cni, “ma questo andamento spinge a intensificare i controlli e a cercare nuove soluzioni”.
Italia sotto la media europea per gli incidenti mortali
Guardando all’Europa, il confronto è meno preoccupante: secondo Eurostat, in Italia si registrano 0,87 incidenti mortali ogni 100.000 occupati, contro i 3,3 della Francia e l’1,5 della Spagna. La media europea è 1,26. Un risultato che premia gli sforzi fatti negli ultimi anni sul fronte delle leggi e della formazione, anche se – come ha detto Tiziana Petrillo, consigliera Cni con delega alla sicurezza – “la sicurezza funziona meglio quando non si vede, diventa evidente solo quando manca”.
Prevenzione incendi, sfide aperte e nuove competenze
Particolare attenzione è stata dedicata alla prevenzione incendi, tema centrale per l’ingegneria della sicurezza. Il Codice di prevenzione incendi del 2015 ha segnato una svolta, introducendo un approccio più flessibile: il professionista può derogare alle norme rigide se raggiunge comunque l’obiettivo di sicurezza. Questo permette di affrontare anche i problemi legati all’età delle strutture.
I numeri però restano alti: nel 2024 i vigili del fuoco hanno risposto a 226.630 interventi per incendi o esplosioni. Negli ultimi dieci anni non si è mai scesi sotto i 200mila casi all’anno. Secondo il Centro studi Cni, la maggior parte dei professionisti usa il Codice abitualmente (anche se non sempre senza difficoltà), ma solo il 31,7% prova soluzioni alternative rispetto a quelle standard. L’approccio “Fire safety engineering” – più complesso e costoso – è adottato stabilmente da appena il 5,4% degli intervistati.
Formazione continua e certificazioni: la strada da percorrere
La rapida evoluzione di tecnologie e norme richiede una formazione sempre più mirata. Il Centro studi Cni segnala che il 69% dei professionisti vorrebbe corsi basati su casi pratici e il 43% chiede più opportunità di aggiornamento. L’università può avere un ruolo importante, sviluppando attività integrate e banche dati utili per simulare gli incendi.
Sul fronte delle certificazioni professionali, secondo Accredia nel biennio 2023-2024 si è registrato un aumento dell’11%. Il Consiglio nazionale degli ingegneri ha introdotto il sistema Certing, che certifica competenze specialistiche oltre alla semplice iscrizione all’Ordine. Nel campo delle infrastrutture, Ansfisa ha creato – insieme a Certing – la figura del safety service manager per la sicurezza stradale: un modello che garantisce controlli indipendenti sulle competenze.
Sicurezza nei cantieri: tra progressi e punti critici
Un’indagine di Cni, Ance e Formedil su oltre 1.850 lavoratori edili offre un quadro chiaro: oltre l’80% si sente informato e partecipa ai processi per migliorare le condizioni di lavoro. Ma restano problemi: il 14% pensa che gli esperti possano fare a meno dei dispositivi di protezione; il 38% si sente poco coinvolto nelle decisioni pratiche; il 21% trova difficile cambiare i metodi di lavoro in modo collaborativo.
Le scuole edili locali e l’impegno delle imprese associate ad Ance hanno aiutato a sensibilizzare di più sulla sicurezza. Tra le proposte emerse oggi, spicca la richiesta di formazione continua “sul campo”, con esercitazioni pratiche e brevi aggiornamenti.
L’ingegnere della sicurezza: un ruolo chiave
“Dobbiamo costruire un sistema di norme che spinga le imprese a rispettare davvero la sicurezza”, ha detto Francesco Paolo Sisto, vice ministro della Giustizia. Paolo Zangrillo (ministro per la Pubblica amministrazione) ha ribadito che “la sicurezza sul lavoro non è un semplice obbligo”, mentre Emanuele Prisco (sottosegretario all’Interno) ha definito gli ingegneri “un punto di riferimento per la pubblica amministrazione”.
Il Cni ha richiamato tre punti fondamentali: mettere la persona al centro, considerare la sicurezza come un concetto in continua evoluzione e migliorare la percezione del rischio. “La sicurezza non si può delegare”, ha concluso Petrillo, “è una responsabilità che riguarda tutti. Solo così quella ‘infrastruttura invisibile’ continuerà a proteggere vite e a far crescere il Paese”.