Pechino, 25 novembre 2025 – Le tensioni tra Cina e Giappone si sono fatte ancora più dure nelle ultime settimane. Tutto è cominciato con le parole della premier giapponese, Sanae Takaichi, che il 7 novembre ha definito un possibile attacco cinese a Taiwan come “una minaccia per la stessa sopravvivenza del Giappone”. Questa frase ha scatenato una reazione immediata a Pechino, che considera Taiwan parte del proprio territorio. Le autorità cinesi hanno interpretato il messaggio della leader conservatrice come un segnale di una possibile alleanza militare tra Tokyo e Washington in caso di crisi.
Gelo al G20, nessun faccia a faccia tra i leader
Al vertice del G20 di Johannesburg, a metà novembre, la tensione era palpabile. Nessun incontro diretto tra Takaichi e il primo ministro cinese Li Qiang, come hanno sottolineato i principali giornali giapponesi. Nel frattempo, la disputa si è spostata sul piano internazionale. L’ambasciatore giapponese alle Nazioni Unite, Kazuyuki Yamazaki, ha inviato una lettera al segretario generale Antonio Guterres per respingere la richiesta cinese di far ritrattare le parole della premier. “Le dichiarazioni della premier rispecchiano la posizione storica del Giappone sulla sicurezza nazionale”, ha scritto Yamazaki, secondo quanto riportato dall’agenzia Kyodo.
Pechino alza la voce: “Linea rossa superata”
Non si è fatta attendere la replica di Pechino. Il ministro degli Esteri Wang Yi ha detto che Takaichi ha “oltrepassato una linea rossa” e ha mandato “un messaggio sbagliato sulla questione di Taiwan”. Il governo cinese ha chiesto ufficialmente a Tokyo di tornare indietro sulle dichiarazioni, giudicate “provocatorie” e “inaccettabili”. Come risposta, le autorità cinesi hanno invitato i propri cittadini a riflettere prima di viaggiare in Giappone e hanno ripristinato il divieto sulle importazioni di prodotti ittici giapponesi, una misura già usata in passato durante crisi bilaterali.
Tokyo non molla: “Bisogna dire le cose come stanno”
Nonostante il freddo al G20 e le pressioni di Pechino, la premier Takaichi ha ribadito la volontà del Giappone di costruire rapporti “vantaggiosi, costruttivi e stabili” con la Cina. Però ha chiarito che è importante “dire quello che deve essere detto”, lasciando capire che Tokyo non cambierà la sua linea su Taiwan. “La sicurezza nazionale viene prima di tutto”, ha confidato un consigliere della premier a margine di una riunione al Kantei, la residenza ufficiale del governo.
Un cambio netto rispetto al passato
Molti esperti vedono nelle parole di Takaichi una svolta rispetto alla prudenza delle precedenti leadership giapponesi. Prima Tokyo aveva sempre espresso preoccupazione per le pressioni militari di Pechino su Taiwan, ma senza mai dire chiaramente come avrebbe reagito in caso di conflitto. Ora, invece, il riferimento alla “sopravvivenza del Giappone” è letto come un segnale di maggiore fermezza e di un più stretto allineamento con gli Stati Uniti, alleato chiave nella regione indo-pacifica.
Le ricadute economiche e diplomatiche
Le nuove restrizioni di Pechino rischiano di mettere in difficoltà l’economia giapponese, soprattutto il settore della pesca. Il blocco sui prodotti ittici colpisce soprattutto le esportazioni dalle prefetture costiere di Hokkaido e Miyagi. Secondo il Ministero dell’Agricoltura giapponese, nel 2024 il valore delle esportazioni ittiche verso la Cina aveva superato i 100 miliardi di yen. Ora molte cooperative locali temono di vedere calare vendite e posti di lavoro.
Dialogo bloccato, futuro incerto
Al momento non sono previsti incontri ufficiali tra i leader di Tokyo e Pechino. I media giapponesi parlano di un “gelo” destinato a durare almeno fino alla prossima primavera, quando è in programma il summit trilaterale con Cina e Corea del Sud. Intanto, entrambi i Paesi sembrano decisi a non cedere sulle rispettive “linee rosse”. Solo allora, forse, si capirà se ci sarà spazio per ricucire uno strappo che potrebbe pesare sull’equilibrio dell’intera Asia.