Milano, 25 novembre 2025 – I giovani italiani sono una risorsa fondamentale per la crescita, l’innovazione e il rinnovamento del Paese. Ma la loro autonomia arriva tardi, spesso dopo i 40 anni. È questo il quadro emerso oggi a Milano durante “Yes – Youth Enhancement Score: la bussola per ricostruire la prospettiva dei giovani”. Qui è stata presentata la nuova ricerca dell’Ufficio Studi Liuc, realizzata con il contributo di FSI, EY, AIFI e il supporto di Confindustria Giovani Imprenditori.
Autonomia economica: un traguardo ancora lontano
I dati mostrano che in Italia la maturità, intesa come indipendenza economica e legami stabili fuori dalla famiglia, si raggiunge molto più tardi rispetto ad altri Paesi europei. “Da noi si parla di 40 anni, mentre in nazioni come Danimarca, Paesi Bassi e Germania i giovani diventano autonomi già tra i 25 e i 30 anni”, ha spiegato Riccardo Comerio, presidente dell’Ufficio Studi Liuc. Una differenza che pesa, soprattutto nel confronto con l’Europa. Solo nel Nord Italia la situazione è più vicina agli standard continentali: “Qui l’indice medio di autonomia si avvicina a quello dei coetanei europei”, ha aggiunto Comerio.
Neet, un fenomeno che spacca il Paese
Il dato più preoccupante riguarda i Neet: giovani tra i 15 e i 35 anni che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi di formazione. Nel 2023 sono circa il 18% della popolazione giovanile italiana. Un numero che supera di molto il 10,5% della Germania, il 6,3% dei Paesi Bassi, il 12,9% della Francia e il 13% della Spagna. “Le differenze sul territorio sono evidenti”, ha detto Giulia Gatti, ricercatrice Liuc. Nel Nord-Est e Nord-Ovest la percentuale scende al 12%, al Centro si attesta al 13,8%, mentre nel Sud e nelle Isole sfiora il 30%. Un gap che riflette fragilità economiche e sociali radicate.
Donne e caregiver, il peso delle disuguaglianze
Un altro elemento emerso è la disparità di genere. Tra le giovani donne il tasso di Neet sale al 22,3%, contro il 14,5% dei maschi. “Molto dipende dal ruolo di caregiver”, ha spiegato Gatti. Escludendo chi si occupa stabilmente di familiari o minori, la forbice si riduce: il tasso scende al 15,7% per le donne e al 14,2% per gli uomini. “La questione di conciliare lavoro e cura resta una sfida cruciale”, ha aggiunto Elena Rossi, vicepresidente di Confindustria Giovani Imprenditori.
Nord più vicino all’Europa, Sud in difficoltà
Il divario tra Nord e Sud resta un problema irrisolto, hanno sottolineato vari interventi durante l’evento. “Nel Mezzogiorno la difficoltà a trovare un lavoro stabile e la carenza di servizi pesano molto sulle possibilità dei giovani di costruirsi un futuro”, ha detto Rossi. A Milano, dove l’incontro si è svolto nella sede della Liuc alle 10 del mattino, alcuni studenti hanno raccontato le loro esperienze. “Molti miei coetanei pensano di andare all’estero”, ha confidato Marco, 27 anni, laureando in Economia. “Qui le occasioni ci sono, ma bisogna sapersi muovere”.
Le proposte: formazione e politiche concrete
La ricerca lancia un messaggio chiaro: serve investire su formazione, orientamento e politiche attive per il lavoro dei giovani. “Serve una strategia nazionale che metta davvero i giovani al centro”, ha detto Comerio. Solo così si potrà ridurre il numero dei Neet e portare l’Italia più vicino agli standard europei. “Non possiamo permetterci di perdere un’intera generazione”, ha concluso Rossi.
Il quadro che emerge da Milano racconta un’Italia a due velocità, dove il talento dei giovani rischia di restare troppo spesso inespresso. Eppure – come hanno ricordato i partecipanti all’evento – il futuro del Paese passa proprio da loro.