Roma, 22 novembre 2025 – In una giornata caratterizzata da intensi tentativi diplomatici per la pace in Ucraina, il presidente del Consiglio Europeo, Antonio Costa, ha riunito in modo riservato i leader dei principali Paesi occidentali presenti al G20. L’incontro, come riferito da un funzionario dell’Unione Europea, si è tenuto a margine del vertice con l’obiettivo di trovare un’intesa sulle prossime mosse da adottare nel conflitto che da quasi tre anni scuote l’Europa orientale.
Vertice riservato tra i leader occidentali
Nel corso della giornata, Costa ha convocato i capi di Stato e di governo di Francia, Germania, Regno Unito, Italia, Norvegia, Canada, Giappone, Australia, Finlandia, Irlanda, Paesi Bassi e Spagna. Una lista che va oltre i confini europei, coinvolgendo partner strategici a livello globale. L’obiettivo, secondo la fonte europea, era quello di “discutere la strada da seguire sull’Ucraina”.
L’incontro si è svolto in una sala appartata del centro congressi del G20, lontano dagli occhi dei media, con un’agenda concentrata sulle possibilità di un cessate il fuoco e sulle condizioni per un negoziato. Tra i temi sul tavolo c’erano il rafforzamento del sostegno militare e umanitario a Kiev, ma anche la necessità di mantenere aperti i canali diplomatici con Mosca. “Non possiamo permetterci passi falsi”, avrebbe confidato uno dei presenti al termine della riunione.
Tutti i 27 leader UE chiamati a raccolta
Ma non è tutto. Costa ha annunciato l’intenzione di convocare tutti i 27 leader dell’UE per un nuovo confronto sull’Ucraina, stavolta a margine del vertice UE-UA (Unione Europea – Unione Africana) che si terrà a Luanda il 24 e 25 novembre. L’idea è chiara: rafforzare la coesione interna dell’Unione in vista dei prossimi appuntamenti internazionali.
La scelta di Luanda non è casuale. La capitale angolana ospiterà per la prima volta un vertice congiunto tra Europa e Africa, proprio mentre le conseguenze della guerra in Ucraina si fanno sentire anche sul continente africano, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza alimentare e i prezzi dell’energia. “Serve una posizione europea chiara e condivisa”, ha sottolineato un diplomatico italiano coinvolto nei lavori preparatori.
Pressioni e attese sul piano di pace
La pressione diplomatica arriva in un momento delicato. Da Kiev a Bruxelles, passando per Washington e Londra, cresce la consapevolezza che la guerra rischia di trascinarsi ancora a lungo senza un passo avanti nei negoziati. Gli ultimi dati dell’ONU parlano di oltre 10 milioni di sfollati e danni alle infrastrutture che si contano a centinaia di miliardi di euro.
Sul tavolo restano le proposte avanzate nelle scorse settimane: dal piano in dieci punti presentato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky fino ad alcune aperture, ancora timide, da parte di Paesi non allineati. Ma le distanze tra Mosca e Kiev restano grandi. “Le condizioni per una vera trattativa non ci sono ancora”, ha ammesso un funzionario francese vicino al dossier.
Le reazioni dei governi e i prossimi passi
Le capitali europee procedono con cautela. A Parigi, il presidente Emmanuel Macron ha ribadito l’importanza di “mantenere alta la pressione diplomatica”. Da Berlino, il cancelliere Olaf Scholz ha parlato di “unità europea come unica strada possibile”. Anche il premier italiano Giorgia Meloni, presente al G20, ha sottolineato l’importanza di “non lasciare sola l’Ucraina”, pur ammettendo le difficoltà sempre più evidenti sul fronte interno.
Il prossimo appuntamento è fissato per il 24 novembre a Luanda, dove è attesa una larga partecipazione dei leader europei. Solo allora, spiegano fonti diplomatiche, si potrà capire se ci sono margini concreti per rilanciare un’iniziativa comune verso la pace.
Un percorso ancora incerto
Per ora, la diplomazia europea procede con prudenza ma senza rinunciare alla determinazione. I colloqui informali al G20 sono stati un tentativo di ricompattare il fronte occidentale e di riaprire il dialogo su basi nuove. Ma la strada verso una soluzione resta tutta da scrivere. “Sappiamo che non sarà facile”, ha ammesso un alto funzionario UE, “ma lasciare il dialogo è fuori discussione”.