Belem, 21 novembre 2025 – Alla Conferenza delle Nazioni Unite sul clima in corso a Belem, il commissario europeo per il clima, Wopke Hoekstra, ha lanciato un allarme chiaro e senza giri di parole: “Quello che abbiamo davanti è inaccettabile. Siamo troppo lontani da dove dovremmo essere. Spiace dirlo, ma rischiamo davvero di non arrivare a un accordo”. Lo ha detto nel primo pomeriggio, mentre i corridoi del centro congressi brulicavano di delegati impegnati in riunioni e consultazioni informali.
Cop30 in stallo: il rischio di un fallimento concreto
La Cop30 di Belem, partita il 18 novembre e prevista per chiudersi tra una settimana, si sta rivelando più complicata del previsto. Fonti europee parlano di distanze ancora ampie su due temi chiave: obiettivi di taglio delle emissioni e fondi per i paesi più fragili. “Siamo molto lontani da un’intesa davvero ambiziosa”, ha detto un rappresentante tedesco. La notte si preannuncia lunga.
Il nodo più spinoso è la tempistica per uscire dai combustibili fossili. Arabia Saudita e Russia, che guidano i paesi produttori, non vogliono sentire parlare di date precise per il phase-out. L’Unione Europea insiste invece per un impegno chiaro entro il 2040. “Non possiamo accettare compromessi al ribasso”, ha ribadito Hoekstra davanti ai giornalisti, con tono fermo ma preoccupato.
Europa sempre più sola? Le posizioni in campo
Negli ultimi giorni è emersa una fotografia chiara: la delegazione europea sembra isolata su diversi fronti. Gli Stati Uniti mantengono un atteggiamento attendista: “Serve pragmatismo, non slogan”, ha detto John Kerry, inviato speciale per il clima della Casa Bianca. La Cina, invece, chiede più risorse per aiutare i paesi in via di sviluppo nella transizione energetica, ma non si spinge oltre con nuovi tagli alle emissioni.
Intanto, i rappresentanti di Africa e Sud America spingono per finanziamenti certi per adattamento e mitigazione. “Non accetteremo promesse vaghe”, ha detto la ministra brasiliana Marina Silva durante un incontro con le ONG locali. L’atmosfera tra i delegati è tesa: molti temono un bis dello stallo visto alla Cop27 di Sharm el-Sheikh.
La società civile spinge: giovani in piazza contro il greenwashing
Fuori dal centro congressi, la pressione della società civile si fa sentire forte. Da ieri mattina, centinaia di attivisti, molti giovani, hanno marciato lungo Avenida Nazaré con cartelli e slogan contro il greenwashing. “Non accetteremo compromessi che condannano il nostro futuro”, ha urlato al megafono Ana Paula Costa, studentessa universitaria di Manaus.
Le ONG internazionali chiedono impegni chiari e trasparenti. Greenpeace International avverte: “La credibilità della Cop30 è appesa a un filo”. Anche la stampa locale racconta di una crescente frustrazione tra i cittadini: nei bar del centro si discute animatamente delle trattative, tra chi spera in una svolta e chi teme un altro nulla di fatto.
Che succede adesso? Trattative serrate e scenari aperti
Nelle prossime ore sono previsti nuovi incontri bilaterali tra Unione Europea e principali economie emergenti. Il presidente della Cop30, il brasiliano João Pedro Matos Fernandes, ha invitato tutti a “dimostrare coraggio e responsabilità”. Fonti vicine all’organizzazione non escludono che i lavori possano andare oltre la scadenza prevista.
Se non si troverà un accordo entro fine settimana, il rischio è un documento finale debole o una dichiarazione senza impegni concreti. “Sarebbe un segnale negativo per il pianeta”, ha ammesso Hoekstra ai cronisti. Eppure, tra i delegati c’è chi spera ancora in una mediazione dell’ultimo minuto.
Per ora, a Belem si gioca una partita aperta, ma con margini sempre più stretti. La comunità internazionale guarda con attenzione: il tempo stringe e le aspettative sono alte. Solo nei prossimi giorni si capirà se la Cop30 riuscirà a evitare lo scenario temuto dal commissario europeo.