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Pronti a lavorare all’estero: guida alla candidatura e alle sfide culturali

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Pronti a lavorare all'estero: guida alla candidatura e alle sfide culturali
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Roma, 8 novembre 2025 – Trovare lavoro all’estero è una sfida reale per tanti italiani che, spinti dalla voglia di crescere professionalmente o di cambiare aria, decidono di trasferirsi. Che si tratti di un posto come addetto al servizio clienti in Grecia, di fare l’animatore in Austria o di lavorare nel turismo, il primo ostacolo resta sempre quello della candidatura. Dietro la semplice compilazione di un curriculum, però, ci sono regole e usanze che cambiano da Paese a Paese. Ecco cosa sapere per non inciampare.

Documenti di candidatura: ogni Paese ha le sue regole

La prima cosa da fare, dicono gli esperti di risorse umane, è leggere bene l’annuncio. “Non basta tradurre il curriculum in inglese o nella lingua locale”, spiega Chiara Bianchi, consulente per l’orientamento internazionale a Milano. Spesso le aziende indicano chiaramente in quale lingua vogliono ricevere i documenti. Se non è specificato, meglio chiedere direttamente a chi ha pubblicato l’offerta. In certi casi, come in Germania, si può inviare una candidatura in inglese ma con il formato e i contenuti tipici del Paese dell’azienda.

Oltre alla lingua, serve anche fare attenzione a eventuali certificati di qualifica, visti o altri documenti ufficiali. Molto spesso serve anche la traduzione certificata dei titoli di studio o delle esperienze lavorative. “Non si può lasciare nulla al caso”, avverte Bianchi.

CV o résumé? Non è la stessa cosa

Non tutti i curriculum sono uguali. Nel mondo anglosassone, ad esempio, si fa distinzione tra résumé e curriculum vitae (CV). Il résumé, diffuso soprattutto in Stati Uniti e Canada, è un documento breve – di solito una pagina – che mette in risalto solo le esperienze più importanti per il lavoro che si cerca. Si parte dalle esperienze più recenti.

Il CV, invece, negli Stati Uniti è un documento più lungo, usato soprattutto in ambito accademico o scientifico. Può occupare diverse pagine e contiene pubblicazioni, progetti e risultati. Nel Regno Unito e in gran parte d’Europa, invece, il CV è simile al résumé americano.

Regno Unito: niente foto e pochi dati personali

Nel Regno Unito la candidatura ha regole precise. Spesso si deve compilare un modulo online sul sito dell’azienda. Se si invia un CV tradizionale, niente foto, né dati su religione, nazionalità, stato civile o data di nascita. “I certificati li chiedono solo dopo il primo colloquio”, spiega una recruiter londinese contattata da alanews.it. Occhio anche all’inglese: meglio usare quello britannico.

Francia: cura nei dettagli e lettera motivazionale

In Francia la candidatura standard prevede una Lettre de Motivation e un curriculum ben dettagliato. La foto non è obbligatoria, ma spesso è apprezzata; nel CV si inseriscono dati come età, nazionalità e stato civile. “Non è raro che chiedano la lettera motivazionale scritta a mano”, racconta Marco Rossi, giovane ingegnere italiano a Parigi. Le qualifiche più importanti vanno messe in evidenza con cura.

Spagna: foto e dati personali quasi sempre richiesti

Chi cerca lavoro in Spagna deve mettere nel curriculum informazioni come il numero della carta d’identità, codice fiscale, stato civile e numero di figli. La foto è quasi sempre presente. I certificati si allegano solo se indicato nell’annuncio. “Qui la formalità conta meno che altrove, ma i dati personali sono fondamentali”, spiega una responsabile HR di Barcellona.

Stati Uniti: niente foto, ma le referenze sono tutto

Negli Stati Uniti, oltre al permesso di lavoro (visto o Green Card), serve una cover letter e un résumé. Foto e dati sensibili come sesso, età o religione vanno evitati. “Le referenze sono fondamentali”, dice John Miller, recruiter a New York: servono almeno due contatti che possano confermare le competenze dichiarate. I certificati si allegano solo se richiesti.

Il colloquio: prepararsi bene e rispettare le usanze locali

Dopo aver passato la selezione dei documenti, il passo successivo è spesso un colloquio telefonico o in videochiamata. Solo dopo si arriva all’incontro di persona. È importante avere con sé tutti i documenti originali e le traduzioni certificate. Le domande cambiano da Paese a Paese: negli Stati Uniti, ad esempio, si parla di ferie o stipendio solo dopo il colloquio formale.

Insomma, chi sogna una carriera all’estero deve imparare a districarsi tra regole non scritte e dettagli che possono fare la differenza. “La cosa più importante è informarsi bene prima di inviare la candidatura”, conclude Bianchi. “Solo così si può partire con il piede giusto”.

Written by
Mirko Fabrizi

Sono un appassionato narratore di storie di italiani che hanno deciso di intraprendere un viaggio all’estero, sia per lavoro che per dare vita a nuove avventure imprenditoriali. La mia penna si muove tra le esperienze di chi ha lasciato la propria terra d'origine per seguire sogni e aspirazioni, affrontando sfide e scoprendo opportunità in contesti diversi. Credo fermamente nel potere delle storie di ispirare e connettere le persone, e mi piace esplorare come la cultura italiana si intrecci con quella di altri paesi. Con ogni articolo su smetteredilavorare.it, cerco di dare voce a chi ha scelto di cambiare il proprio destino, portando un pezzo d'Italia nel mondo e dimostrando che la passione e la determinazione possono aprire le porte a nuove realtà.

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