Milano, 6 giugno 2024 – In Italia, appena il 6,9% delle piccole e medie imprese e il 14,7% delle medie imprese usano soluzioni basate sull’intelligenza artificiale. A rivelarlo è il nuovo report Insight Lab di Webidoo, presentato questa settimana a Milano. Il documento mette in luce un Paese ancora indietro nell’adozione di una tecnologia che potrebbe far crescere la produttività aziendale anche oltre il 40%. Un’occasione che, per ora, resta appannaggio di poche realtà pioniere.
Intelligenza artificiale nelle PMI: i numeri e le difficoltà
Nel report “Intelligenza Artificiale e produttività nelle PMI” si legge che chi ha già adottato l’AI la usa principalmente in marketing e vendite (36%), ricerca e sviluppo (24,2%) e processi produttivi (21%). “I dati parlano chiaro – spiega Giovanni Farese, Ceo di Webidoo Spa – ma l’uso dell’AI è spesso frammentato, poco strategico e non sempre consapevole”. Il rischio, avverte Farese, è perdere un’opportunità concreta. “Per far diventare questa tecnologia un vero motore di competitività, serve una cultura dell’AI più ‘umana’ e pragmatica”.
Le barriere maggiori? La mancanza di competenze interne (55%) e un quadro normativo poco chiaro (41%). Due ostacoli che frenano l’innovazione. “Le PMI chiedono regole chiare, strumenti concreti e orientamento, non solo limiti”, si legge nel report. Eppure, la domanda di soluzioni cresce: chi sperimenta l’AI cresce più in fretta, innova prima e si adatta meglio al mercato.
Automazione e produttività: esempi concreti
Nel manifatturiero, l’automazione con AI è già una realtà. Michela Pancaldi, Ceo di Tecnocupole Pancaldi, azienda piemontese che costruisce strutture industriali, racconta come le nuove interfacce abbiano rivoluzionato il lavoro tra macchine e operatori: “Sono semplici e guidano passo passo, riducendo molto i tempi di formazione. Il risultato? Più produttività, meno errori e una gestione più sostenibile delle risorse”. Pancaldi sta pensando di trasformare lo stabilimento in un polo aperto anche a produzioni esterne, sfruttando la flessibilità della linea intelligente di Industria 4.0.
I numeri parlano chiaro: compiti ripetitivi come l’inserimento dati o la gestione documentale si possono fare fino al 40% più velocemente; il supporto clienti automatico taglia i tempi di risposta fino all’80%; l’efficienza dei processi sale fino al 65%. “L’AI va regolata, certo, ma anche spinta”, rimarca Farese. Il suo impatto sulla competitività è ormai evidente.
Procurement e gestione del rischio: l’AI che fa la differenza
Anche nel procurement il cambiamento è in corso. Daniele Civini, Head of Sales di Jaggaer Italia, società globale nelle soluzioni source-to-pay, spiega: “Sistemi come gli AI agents aiutano i team acquisti a migliorare i processi con funzioni di domande e risposte, rilevamento anomalie nelle fatture e creazione di contenuti con la Gen AI. Una tecnologia che lascia l’uomo al centro, liberando tempo per compiti strategici”.
Sulla gestione del rischio e la sostenibilità, Azzurra Gollotta, Sales Manager Italia e Spagna di Achilles, racconta come la loro piattaforma usi dati pubblici per monitorare le vulnerabilità ESG in tutta la catena di fornitura. “Il sistema raccoglie informazioni da database normativi, notizie e documenti aziendali. L’intelligenza artificiale riesce a individuare modelli e rischi emergenti anche quando i fornitori non hanno inviato dati diretti”, spiega Gollotta.
Competenze digitali: la vera sfida
La diffusione dell’AI passa anche dalle persone. Laura Basili, fondatrice di Women at Business, sottolinea come le competenze richieste siano sempre più diverse: “Le skill legate all’intelligenza artificiale sono varie e, con l’evoluzione della tecnologia, devono cambiare anche le capacità da imparare nel tempo”. La piattaforma offre corsi gratuiti per sviluppare queste competenze e arricchire il proprio curriculum.
Una sfida culturale più che tecnologica
Il quadro che emerge dal report è chiaro: l’intelligenza artificiale non è più un futuro lontano, ma una realtà che decide la competitività. Per creare vero valore deve entrare a far parte della cultura delle imprese italiane. Solo così – unendo tecnologia, formazione e responsabilità – potrà passare dalla promessa a un vero volano di crescita per le PMI del Paese.