Un evento sportivo che avrebbe dovuto ricevere un’attenzione mediatica significativa è stato, invece, relegato a un semplice trafiletto. La vittoria di Erika Saraceni, una giovane atleta di diciott’anni, nel salto triplo agli Europei Under20 a Tampere, in Finlandia, è un esempio lampante di come il talento italiano possa essere trascurato. Con un salto di 14,24 metri, Erika ha non solo conquistato la medaglia d’oro, ma ha anche stabilito un nuovo record italiano juniores e un primato per la manifestazione.
Roberto Vannacci, eurodeputato e vicesegretario della Lega, ha messo in luce questa disparità di attenzione mediatica attraverso un post su Facebook. Secondo lui, la vittoria di Erika non ha suscitato il medesimo interesse di altre notizie sportive, specialmente quando i protagonisti non sono di origine italiana. “Un oro che merita la prima pagina!”, ha commentato Vannacci, sottolineando come la storia di Erika non venga raccontata con la stessa intensità di quelle di atleti con origini diverse.
la critica di vannacci
Vannacci ha sollevato una questione provocatoria riguardo alla selezione delle notizie da parte dei media. Ha affermato: “Non è nera, non è arrivata col barcone, non è islamica, non fugge dalle famigerate guerre, non è diversamente eterosessuale, non porta il velo e non sfila in burkini.” Queste affermazioni pongono interrogativi sulla narrativa selettiva e su come essa influisca sulla rappresentazione degli atleti.
Erika, figlia di due ex atleti azzurri, rappresenta un esempio di impegno e dedizione. La sua vittoria è il risultato di anni di sacrifici e allenamenti. Tuttavia, Vannacci evidenzia che la sua storia non riceve la stessa attenzione di quelle di atleti di origine diversa. Questo porta a riflessioni più ampie su un possibile razzismo al contrario e sulla selettività della narrativa, che, secondo il politico, ha preso piede in certi ambienti della sinistra.
l’importanza della rappresentazione
“Quando la narrativa è selettiva, si crea un razzismo al contrario”, ha affermato Vannacci, richiamando alla mente le Olimpiadi dell’anno scorso, quando molte testate giornalistiche si concentrarono quasi esclusivamente su atlete di colore, trascurando talenti italiani come Ekaterina Antropova. Questo tipo di attenzione non solo diminuisce il valore delle vittorie di atleti come Erika, ma crea divisioni nella società, dove il merito sembra essere messo in secondo piano rispetto a fattori come l’identità etnica o il background culturale.
La questione sollevata da Vannacci tocca un nervo scoperto nel dibattito contemporaneo riguardo alla rappresentazione e alla diversità. La meritevolezza di un atleta non dovrebbe essere valutata in base al colore della pelle o all’origine, ma dovrebbe riflettere il talento e il duro lavoro.
un appello alla responsabilità
La vittoria di Erika Saraceni non è solo una celebrazione di un talento sportivo, ma anche una chiamata alla responsabilità per i media e la società. La vera inclusività dovrebbe riconoscere e celebrare il successo di tutti gli atleti, indipendentemente dalle loro origini. L’attenzione e il riconoscimento dovrebbero basarsi sul merito e sui risultati, piuttosto che su criteri arbitrari che rischiano di alimentare divisioni e conflitti.
Vannacci conclude il suo intervento con un appello: “Onore a Erika Saraceni: esempio di impegno, talento e amore per la nostra bandiera e per la nostra Patria.” Questo richiamo sottolinea l’importanza di celebrare i successi di tutti gli atleti italiani, senza distinzioni, e di ricordare che l’orgoglio nazionale dovrebbe essere legato a ciò che ognuno di noi può portare alla comunità.
In conclusione, il caso di Erika Saraceni diventa un simbolo di ciò che significa essere un’atleta italiana oggi, in un panorama sportivo e sociale in continua evoluzione. È fondamentale riflettere su come le nostre scelte editoriali e le nostre narrazioni possano influenzare la percezione collettiva del successo e del talento, garantendo che ogni vittoria venga celebrata con la dignità e il rispetto che merita.