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Dazi: opportunità per i manager italiani espatriati negli Stati Uniti in tempi di crisi commerciale

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Dazi: opportunità per i manager italiani espatriati negli Stati Uniti in tempi di crisi commerciale
Dazi: opportunità per i manager italiani espatriati negli Stati Uniti in tempi di crisi commerciale
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Il 1° agosto 2023 potrebbe segnare una svolta nel panorama commerciale globale, specialmente nei rapporti tra Europa e Stati Uniti. L’annuncio del presidente Joe Biden sull’introduzione di dazi del 30% su tutti i prodotti importati dall’Unione Europea rappresenta una sfida significativa per le aziende italiane, in particolare per quelle che operano negli Stati Uniti, il loro principale mercato extra-Ue. Tuttavia, in questo contesto di crisi si aprono anche nuove opportunità, specialmente per i manager italiani espatriati.

Il ruolo cruciale dei manager espatriati

Secondo Andrea Benigni, CEO di Eca Italia, la gestione di tali dazi non si limita a numeri e statistiche. “Nel linguaggio della geopolitica commerciale, i dazi sono spesso letti come cifre, grafici, percentuali. Ma dietro ogni percentuale c’è un ciclo produttivo da riorientare, una filiera logistica da riadattare, un prezzo da ricalibrare. E, soprattutto, persone chiamate a gestire l’impatto di questi stravolgimenti”, spiega Benigni. I manager espatriati, spesso trascurati nella riflessione strategica, assumono un ruolo cruciale nell’operatività quotidiana delle aziende italiane all’estero.

Le stime sul numero di manager italiani operanti negli Stati Uniti variano, poiché non esiste un censimento ufficiale. Tuttavia, secondo dati forniti dall’Ambasciata Italiana a Washington, nel 2023 lo stock italiano di investimenti diretti negli Usa ha raggiunto i 49,3 miliardi di dollari, con flussi netti di 1,09 miliardi. Considerando circa 3.150 filiali italiane negli Stati Uniti, ciascuna con una media di 80 dipendenti, si stima che tra il 12% e il 18% di questi siano figure manageriali o specialistiche, portando a un numero compreso tra 25.000 e 35.000 manager italiani attivi negli Stati Uniti. Questi professionisti ricoprono vari ruoli, da CEO e CFO a plant manager e supply chain manager.

Evoluzione del ruolo degli espatriati

L’evoluzione del ruolo degli espatriati è stata significativa. “In passato si tendeva a considerarli come figure di rappresentanza, portatori della cultura aziendale all’estero. Oggi, come emerge da un’analisi di McKinsey, questi manager devono essere operatori di frontiera, capaci di leggere i segnali del mercato americano in tempo reale”, continua Benigni. La capacità di influenzare le scelte locali e di dialogare con la sede centrale in Italia è diventata fondamentale. Gli espatriati non sono più solo ambasciatori, ma facilitatori di un trasferimento di conoscenze che arricchisce entrambe le sponde dell’Atlantico.

Opportunità e sfide per le aziende italiane

L’introduzione dei dazi del 30% rappresenta una prova di maturità per le aziende italiane internazionalizzate. “Le aziende che hanno investito in una presenza solida negli Usa, con stabilimenti produttivi e reti di vendita locali, hanno oggi gli strumenti per contenere i danni”, afferma Benigni. Tuttavia, la presenza di infrastrutture non è sufficiente. “Servono le persone giuste al posto giusto”, aggiunge. I manager espatriati diventano quindi un asset cruciale, non solo per mantenere l’operatività, ma anche per disegnare un nuovo equilibrio strategico tra Italia e Stati Uniti. Questo equilibrio dovrà affrontare:

  1. Normative in evoluzione
  2. Consumatori sempre più esigenti
  3. Catene di approvvigionamento sempre più complesse

In questo contesto di incertezze, esiste una norma che potrebbe facilitare le aziende italiane. Secondo Benigni, l’articolo 7 par. 3 della Convenzione bilaterale di sicurezza sociale tra Italia e Stati Uniti consente alle aziende di evitare di versare contributi previdenziali negli Stati Uniti per i cittadini italiani assunti da controllate americane. Questo significa che i professionisti possono mantenere la loro anzianità contributiva nel sistema previdenziale italiano, anche se lavorano stabilmente negli Stati Uniti con un contratto locale.

Questa disposizione offre vantaggi sia per l’azienda che per il lavoratore. Da un lato, l’azienda può strutturare contratti di lavoro in linea con il mercato del lavoro americano, mentre dall’altro il lavoratore può accettare incarichi esteri senza compromettere la propria posizione previdenziale in Italia. In un periodo di turbolenze commerciali, questa norma rappresenta un’opportunità per le aziende italiane di rafforzare la loro presenza negli Stati Uniti senza compromettere il benessere dei loro dipendenti.

Benigni conclude sottolineando l’importanza dei manager italiani negli Usa: “Oggi più che mai, essi rappresentano la continuità, la visione e la capacità di adattamento del nostro tessuto industriale. Investire su di loro, nella selezione, nella formazione e nel supporto, significa costruire anticorpi robusti contro le turbolenze del commercio globale”. In un mondo in continua evoluzione, le aziende italiane devono riconoscere il valore dei loro leader espatriati come risorse strategiche per affrontare le sfide del mercato internazionale.

Written by
Mirko Fabrizi

Sono un appassionato narratore di storie di italiani che hanno deciso di intraprendere un viaggio all’estero, sia per lavoro che per dare vita a nuove avventure imprenditoriali. La mia penna si muove tra le esperienze di chi ha lasciato la propria terra d'origine per seguire sogni e aspirazioni, affrontando sfide e scoprendo opportunità in contesti diversi. Credo fermamente nel potere delle storie di ispirare e connettere le persone, e mi piace esplorare come la cultura italiana si intrecci con quella di altri paesi. Con ogni articolo su smetteredilavorare.it, cerco di dare voce a chi ha scelto di cambiare il proprio destino, portando un pezzo d'Italia nel mondo e dimostrando che la passione e la determinazione possono aprire le porte a nuove realtà.

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