
L'83% degli intervistati crede ancora alle fake news: un'indagine sorprendente
Un recente sondaggio condotto dall’Istituto Nazionale per la Comunicazione (Inc) ha rivelato dati allarmanti riguardo la fiducia degli italiani nelle informazioni che ricevono. La ricerca, intitolata “Senza filtri: l’informazione nell’epoca della disintermediazione tra opportunità e caos”, è stata effettuata nel maggio 2025 da AstraRicerche e ha coinvolto un campione rappresentativo di 1.023 individui di età compresa tra i 18 e i 70 anni residenti in Italia. Da questo studio emerge un quadro complesso e contraddittorio sull’atteggiamento degli italiani nei confronti dell’informazione.
La quantità di tempo dedicato all’informazione
Benché il 68,4% degli intervistati consideri l’informazione come un elemento cruciale per la propria vita quotidiana, la maggior parte di loro dedica meno di mezz’ora al giorno per tenersi aggiornati su ciò che accade nel paese e nel mondo. In particolare:
- 63,5% degli italiani ammette di dedicare meno di 30 minuti a questa attività.
- 30,5% si limita a soli 20 minuti o meno.
- Solo una piccola percentuale, il 13,4%, si informa per un’ora o più.
La televisione si conferma come il mezzo di informazione più utilizzato, con il 70,8% degli intervistati che la consulta regolarmente, seguita da conversazioni con familiari e amici (61,6%), social media (60,0%) e piattaforme di messaggistica (57,1%). Gli aggregatori di notizie e i siti web superano in uso i quotidiani e le riviste, rispettivamente con il 46,5% e il 42,6%.
La fiducia nelle fonti di informazione
Nonostante l’ampio ricorso a strumenti digitali, gli italiani sembrano nutrire una fiducia maggiore nei confronti di giornali e telegiornali, con il 42,3% e il 40,8% degli intervistati che li considerano le fonti più affidabili. Tuttavia, l’83,8% degli intervistati ha ammesso di aver creduto a notizie false in passato, con una percentuale significativa, il 42%, che ha persino condiviso queste informazioni errate.
La difficoltà di discernere il vero dal falso è avvertita da gran parte della popolazione: solo il 40% ritiene che sia molto o abbastanza difficile identificare le fake news. Inoltre, il 45,7% degli intervistati considera più attendibile una notizia fornita da scienziati, ricercatori o docenti, rispetto a quelle riportate dai giornalisti, che ottengono il consenso del 41,7%.
La richiesta di maggiore regolamentazione
La preoccupazione per la disinformazione è palpabile; infatti, gli italiani si mostrano consapevoli dei rischi legati alle fake news e chiedono maggiore regolamentazione. Il 62,3% degli intervistati sostiene che le regole deontologiche dei giornalisti dovrebbero essere estese a chiunque comunichi online. Tuttavia, un’alta percentuale, il 50,1%, ritiene che anche molti giornalisti non rispettino tali norme. Questo sfiducia si estende anche al controllo delle fake news da parte delle piattaforme digitali, con il 65% degli intervistati che chiede che il gruppo responsabile di tale controllo sia scelto senza pregiudizi.
Inoltre, emerge un’inquietante consapevolezza riguardo alla personalizzazione delle notizie online. Il 70% degli utenti sa che i siti e i portali mostrano contenuti su misura, ma questa personalizzazione è vista come un rischio. Infatti, il 59,9% teme che ciò possa confermare opinioni preesistenti, limitando così la propria capacità di esplorare nuovi punti di vista.
Pasquale De Palma, presidente di Inc, ha sottolineato l’importanza di questi risultati, avvertendo che la difficoltà di distinguere tra notizie vere e false rappresenta una minaccia concreta per la reputazione di aziende e organizzazioni. Paolo Mattei, vice presidente di Inc, ha aggiunto che la disintermediazione dell’informazione, alimentata da interessi politici ed economici, rappresenta un rischio per le democrazie moderne.
In questo contesto, è chiaro che le sfide legate all’informazione e alla disinformazione richiedono un’attenzione particolare, non solo da parte dei media tradizionali, ma anche delle piattaforme digitali e dei cittadini stessi, che devono essere sempre più consapevoli del loro ruolo nel panorama informativo contemporaneo.