La questione del divario retributivo nel settore terziario italiano è emersa con forza grazie alla recente ricerca condotta da Adapt, presentata a Roma. L’indagine ha rivelato un panorama allarmante: su oltre 250 contratti registrati presso il CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), solo 37 godono di una copertura minima dell’1% dei lavoratori del settore. Di questi, soltanto 18 sono firmati dalle sigle sindacali più rappresentative, ovvero Cgil, Cisl e Uil, che insieme coprono il 96% della forza lavoro. Tuttavia, i 19 contratti rimasti, non firmati da queste sigle, sono responsabili di un significativo divario retributivo annuale che varia tra i 3.000 e i 4.000 euro. In alcuni casi, si stima che la perdita di contribuzione possa superare i 1.500 euro all’anno.
L’importanza del settore terziario
Il settore terziario in Italia è cruciale, impiegando oltre 11 milioni di lavoratori e contribuendo per il 46,7% al valore aggiunto e per il 37,4% alla produzione totale del Paese. Nonostante la sua rilevanza economica, il terziario è afflitto da fenomeni di dumping salariale e concorrenza sleale, principalmente a causa della proliferazione di contratti collettivi nazionali (Ccnl) poco rappresentativi. Questa situazione crea un ambiente di lavoro iniquo, dove molti lavoratori si trovano a ricevere stipendi inferiori rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi più tutelanti.
Le disparità salariali
Un’analisi più approfondita rivela che, ad esempio, un cassiere o un commesso dovrebbe percepire una retribuzione annua lorda di almeno 25.000 euro. Tuttavia, se il datore di lavoro applica il Ccnl sottoscritto da Anpit e Cisal, il lavoratore rischia di vedersi decurtato lo stipendio di almeno 4.500 euro. Altri professionisti, come i macellai specializzati, che avrebbero diritto a una retribuzione di circa 27.800 euro, potrebbero trovarsi a guadagnare poco più di 22.000 euro all’anno, sempre a causa dell’applicazione di contratti collettivi meno favorevoli.
Le disparità non si limitano alla retribuzione base, ma si estendono anche a variabili come:
- Maggiorazioni
- Indennità
- Ferie
- Tutele in caso di malattia o maternità
Questo porta a un duplice danno per i lavoratori: da una parte, minori entrate immediate; dall’altra, una riduzione dei diritti e delle tutele future in ambito previdenziale e di sicurezza sociale.
Le dichiarazioni degli esperti
Michele Tiraboschi, coordinatore scientifico di Adapt, ha sottolineato che i dati raccolti dimostrano come gran parte della contrattazione definita “pirata” abbia obiettivi diversi, come ottenere un “bollino pubblico” (il codice contratto) che permette a questi attori, non radicati nel sistema di relazioni industriali, di accedere a un mercato lucrativo di servizi per imprese e lavoratori, inclusi quelli relativi a sicurezza e formazione.
Francesco Seghezzi, presidente di Adapt, ha aggiunto che sebbene si parli da tempo di contrattazione pirata, la ricerca si propone di entrare nel merito della questione, presentando dati e cifre che dovrebbero preoccupare tutti. Egli ha esortato i sistemi di relazioni industriali, non solo nel terziario, a collaborare con le istituzioni per affrontare un fenomeno che minaccia la credibilità della contrattazione collettiva e danneggia gravemente i lavoratori.
L’evento di presentazione, moderato dal giornalista Giorgio Pogliotti de Il Sole 24 Ore, ha visto la partecipazione di rappresentanti di diverse sigle sindacali e associazioni di categoria, tra cui Paolo Andreani (Uiltucs Uil), Davide Guarini (Fisascat Cisl), Fabrizio Russo (Filcams Cgil) e Guido Lazzarelli (Confcommercio). La ricerca è stata accolta con interesse e preoccupazione, evidenziando la necessità di un intervento urgente per garantire salari equi e condizioni di lavoro dignitose nel terziario.
La questione del dumping contrattuale è quindi un tema caldo in Italia, richiedendo una risposta coordinata e incisiva da parte delle istituzioni e delle organizzazioni sindacali. Il divario retributivo non solo incide sulle finanze dei lavoratori, ma ha ripercussioni a lungo termine sulla stabilità economica del settore terziario e sulla società nel suo complesso. Con oltre 11 milioni di lavoratori coinvolti, è fondamentale che vengano attuate misure per garantire la giustizia economica e sociale, affinché il settore possa prosperare senza compromettere i diritti dei suoi lavoratori.