
Jobs act: il giuslavorista smonta il quesito del referendum come inutile
Il dibattito sul referendum relativo al Jobs Act, la riforma del mercato del lavoro introdotta dal governo Renzi nel 2015, ha riacceso l’attenzione sulle tutele e sui diritti dei lavoratori in Italia. Luca Failla, giuslavorista e avvocato dello studio Failla&Partners, ha espresso un’opinione chiara: il quesito referendario è di scarsa utilità, in quanto il provvedimento è stato già “smantellato” dalla Corte Costituzionale.
Le modifiche apportate dalla Corte Costituzionale
Failla ha evidenziato che le sentenze gemelle 128 e 129 del 2024 hanno introdotto modifiche sostanziali al regime di licenziamento previsto dal Jobs Act. In particolare, il passaggio da un regime prevalentemente indennitario a uno reintegratorio ha annullato le differenze tra la nuova disciplina e quella precedente, rappresentata dalla Legge Fornero. Questo porta a una riflessione sulla rilevanza del referendum, poiché, secondo Failla, il regime di licenziamento attuale non differisce sostanzialmente da quello preesistente.
Impatto politico e simbolico del referendum
L’analisi di Failla si concentra anche sul significato politico e simbolico dell’iniziativa referendaria. Sebbene possa avere un valore di protesta o di richiesta di cambiamento, l’impatto pratico dell’abrogazione del Jobs Act sarebbe limitato. Infatti, se il referendum dovesse avere esito favorevole, le conseguenze potrebbero includere un peggioramento delle condizioni per i lavoratori, con una riduzione dell’indennizzo massimo da trentasei a ventiquattro mensilità per coloro assunti dopo il 7 marzo 2015.
La necessità di una riforma sistemica
Failla invita a guardare al futuro, affermando che la revisione del Jobs Act non dovrebbe essere lasciata esclusivamente alla giurisprudenza, ma richiede un intervento legislativo sistemico e complessivo. Questo intervento dovrebbe:
- Adeguare le tutele e i criteri di licenziamento alle trasformazioni del mercato del lavoro attuale.
- Rivedere le soglie e i criteri esistenti, inclusa la soglia dei 15 dipendenti, oggetto di dibattito e richieste da vari attori sociali.
Failla mette in guardia contro i rischi di un approccio frammentato alla legislazione sul lavoro. L’abrogazione di singole disposizioni senza una riformulazione coerente del quadro normativo potrebbe generare vuoti regolativi e confusione applicativa, aumentando la necessità di ulteriori interventi legislativi in futuro.
Le sentenze della Corte Costituzionale hanno avuto un impatto fondamentale non solo sul Jobs Act, ma anche sul modo in cui il diritto del lavoro viene interpretato e applicato in Italia. Con un mercato del lavoro in continua evoluzione, è essenziale che la legislazione si adatti per rispondere alle nuove sfide.
In questo contesto, Failla sottolinea l’importanza di una visione a lungo termine che contempli le trasformazioni del lavoro. La crescente diffusione di forme di lavoro atipico richiede una riconsiderazione delle tutele offerte ai lavoratori, affinché il legislatore integri criteri adeguati alle esigenze attuali e future del mercato del lavoro.
La questione del Jobs Act e del referendum correlato rappresenta solo un aspetto di un dibattito più ampio che riguarda il futuro del lavoro in Italia. La necessità di una riforma sistemica e coerente della disciplina dei licenziamenti è evidente, non solo per garantire diritti e tutele ai lavoratori, ma anche per sostenere un sistema produttivo in grado di affrontare le sfide del presente e del futuro. La riflessione di Luca Failla invita a considerare le implicazioni a lungo termine delle scelte normative, per costruire un ambiente di lavoro equo e sostenibile per tutti.