Parigi, 28 dicembre 2025 – Brigitte Bardot si è spenta oggi a 91 anni, nella sua casa di Saint-Tropez, lasciando un’impronta indelebile nel cinema e nell’immaginario europeo. La Biennale di Venezia ha voluto renderle omaggio con parole che ne evidenziano il ruolo rivoluzionario: “Poche figure come Brigitte Bardot hanno messo in discussione in modo così profondo gli stereotipi sulla donna nell’epoca moderna”. Un ricordo che arriva da chi ha visto sfilare sul Lido i grandi nomi del cinema mondiale.
Brigitte Bardot, la donna che ha rivoluzionato l’immagine femminile
Nata a Parigi nel 1934, Bardot ha attraversato decenni di storia culturale europea, diventando simbolo di libertà e ribellione. Il presidente della Biennale, insieme al direttore generale, alla responsabile dell’Archivio Storico, al direttore artistico del Cinema e al consiglio di amministrazione, l’ha ricordata con “ammirazione e grande affetto”. Nel comunicato ufficiale si legge: “È stata una diva indimenticabile, simbolo unico di libertà nei costumi e nel pensiero, un’attrice imitata ma mai eguagliata”. Parole che restituiscono l’immagine di una presenza capace di segnare generazioni di spettatori e registi.
Il debutto a Venezia e il pubblico internazionale
Il legame tra Bardot e la Mostra di Venezia nasce nel 1955. Quell’anno, ancora lontana dalla grande fama, l’attrice appare in due film: “Incontro a Rio” di Ralph Thomas e “Grandi manovre” di René Clair. Due ruoli piccoli, ma già sufficienti a far parlare di lei. Tre anni dopo, nel 1958, la svolta: Bardot arriva al Lido con “La ragazza del peccato” (“En cas de malheur”) di Claude Autant-Lara, tratto da un romanzo di Georges Simenon. Accanto a lei, Jean Gabin. La Biennale definisce quell’incontro “uno scontro storico tra due miti del cinema francese”.
Un’icona tra cinema e società
Non era solo il talento a fare di Brigitte Bardot una figura centrale. Il suo stile – capelli biondi raccolti in modo scomposto, sguardo diretto, abiti che rompevano le regole – ha segnato un’epoca. Nei boulevard parigini degli anni Sessanta, raccontavano i cronisti, le giovani copiavano il suo modo di camminare e persino di parlare. “Era impossibile non accorgersi di lei”, ricordava Jean-Louis Trintignant in un’intervista. Ma dietro quell’immagine pubblica c’era anche una donna con le idee chiare: nel 1973 si ritirò dalle scene per dedicarsi alla difesa degli animali, fondando la Fondation Brigitte Bardot.
Il ricordo della Biennale e l’eredità artistica
Nel comunicato diffuso oggi dalla Biennale di Venezia si sottolinea come Bardot sia stata “un modello di libertà nei costumi e nel pensiero”, capace di ispirare registi come Godard e Vadim. La sua presenza al Lido – tra flash dei fotografi e applausi del pubblico – è rimasta impressa nelle cronache di quegli anni. “Quando arrivava Bardot”, ricorda un operatore storico della Mostra, “sembrava che il tempo si fermasse per qualche minuto”. Solo allora si capiva davvero quanto il cinema potesse cambiare la società.
Un addio che chiude un’epoca
Oggi, mentre la Francia si prepara a salutarla con una cerimonia privata a Saint-Tropez, il mondo del cinema riflette sull’eredità di Brigitte Bardot. Un’eredità fatta di ruoli indimenticabili – da “E Dio creò la donna” a “La verità” – ma anche di scelte personali spesso avanti rispetto ai tempi. “Ha cambiato il modo in cui le donne venivano raccontate sullo schermo”, spiega il critico Thierry Frémaux. Ed è in quel cambiamento che si trova la chiave per capire perché il suo nome resterà per sempre nella storia del cinema europeo.










