Milano, 27 dicembre 2025 – Il 2025 si chiude come l’anno dei record per l’oro. Negli ultimi tre mesi, il metallo prezioso ha messo a segno una crescita senza precedenti: da 3.812 dollari l’oncia il 30 settembre, è salito fino a 4.514 dollari nella seduta di Santo Stefano. Un balzo che, calcolato da inizio anno, rappresenta un aumento del 72,84%. In parallelo, anche l’argento ha vissuto un’impennata notevole: il 24 dicembre ha toccato un picco di 75,63 dollari l’oncia, chiudendo la vigilia a 74,89 dollari e mettendo a segno un +158,5% sull’anno.
Oro e argento ai massimi storici: cosa spinge i metalli preziosi
Gli occhi degli operatori finanziari, da Londra a New York, sono puntati sui metalli preziosi. Secondo diversi esperti, la corsa dell’oro nasce da più fattori insieme: incertezza geopolitica, inflazione che non molla e una domanda crescente da parte delle banche centrali. “L’oro resta il porto sicuro per eccellenza nei momenti di instabilità”, ha spiegato ieri pomeriggio Giovanni Rinaldi, strategist di una grande banca d’investimento milanese. Non solo oro: anche l’argento, spesso considerato il “fratello minore”, ha beneficiato di questa spinta, mostrando però una volatilità più alta e performance che hanno sorpreso molti.
Petrolio in calo: il greggio paga la distensione internazionale
Se l’oro brilla, il 2025 è stato un anno difficile per il petrolio. Il West Texas Intermediate (Wti) ha chiuso venerdì 26 dicembre in calo del 2,76%, a 56,74 dollari al barile. Il Brent del Mare del Nord ha perso il 2,57%, scendendo a 60,64 dollari. Guardando all’anno, il Wti ha lasciato sul terreno il 20,89%, mentre il Brent ha segnato un –18,76%. Gli analisti spiegano che il calo è legato alle aspettative nate dai nuovi colloqui di pace sull’Ucraina. “Se si apriranno spiragli per la ripresa delle esportazioni russe – ha commentato un trader londinese – i mercati potrebbero tornare ai livelli di offerta di prima del conflitto”.
Gas naturale stabile ma in netto ribasso su base annua
Sul fronte energetico europeo, il prezzo del gas naturale sulla piazza Ttf di Amsterdam è rimasto fermo venerdì a 28,1 euro al MWh. Solo il 24 dicembre si era visto un lieve rimbalzo (+1,3%), spinto dalle previsioni di temperature più rigide a gennaio. Ma il dato annuale parla chiaro: da inizio 2025 il prezzo ha segnato un calo del 42,53%. “La domanda industriale resta debole e le scorte sono elevate”, ha spiegato ieri sera un operatore olandese. La situazione rimane incerta: molto dipenderà dal clima e dalle decisioni dei principali fornitori.
Mercati in bilico: cosa aspettarsi dal 2026
La chiusura dell’anno sulle materie prime lascia sul tavolo giudizi diversi. Da una parte, la forza dei metalli preziosi sembra destinata a durare ancora, almeno per un po’, sostenuta da fattori solidi e dalla prudenza degli investitori istituzionali. Dall’altra, la debolezza dell’energia – petrolio e gas in testa – riflette un mondo in cambiamento e una domanda più fiacca rispetto agli anni passati.
Gli operatori guardano al 2026 con una certa cautela. “Molto dipenderà dagli sviluppi geopolitici e dalle mosse delle grandi banche centrali”, ha confidato un gestore romano specializzato in materie prime. Per ora, resta impressa l’immagine di un 2025 segnato dal trionfo dell’oro e dal passo indietro dell’oro nero.










