Roma, 26 dicembre 2025 – I lavoratori e le lavoratrici dei set cinematografici italiani, uniti sotto il movimento #siamoaititolidicoda, hanno scelto un modo insolito per farsi sentire: una lettera a Babbo Natale. Il loro appello è chiaro e urgente: per il nuovo anno vogliono un contratto di lavoro chiaro e sicuro, orari più umani, sicurezza sul lavoro e un reddito dignitoso. Una richiesta che arriva da chi ogni giorno – spesso di notte, tra cavi e luci – costruisce il cinema italiano dietro le quinte.
Dietro ogni fotogramma, vite stanche e schiene rotte
Nel testo, firmato dal movimento, si mescolano ironia e stanchezza vera. “Siamo quelle persone strane che vedi aggirarsi sui set a orari impossibili, cariche di cavi, luci, lenti, monitor, stativi, trucco e costumi, nutrite a caffè, panini e speranza”, scrivono. La lettera, mandata idealmente a Babbo Natale ma diretta soprattutto a istituzioni e sindacati, ricorda che la “notte magica” del cinema si ripete “circa duecento volte l’anno”, senza però la magia di una slitta che riporti tutti a casa puntuali.
Dietro ogni fotogramma, spiegano, ci sono “schiene spezzate e vite private messe in pausa”. Un lavoro spesso invisibile a chi guarda il film, che scivola via con i titoli di coda – quei nomi che in pochi si prendono la briga di leggere, come ammettono gli stessi firmatari.
Il nodo centrale: un contratto vero e regole chiare
Al centro della lettera c’è la richiesta di un rinnovo serio del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) per il settore cine-audiovisivo. “Non vogliamo un nuovo set di lenti o un furgone più grande”, si legge. “Vogliamo un rinnovo vero, riconosciuto e blindato, che ci protegga sul serio. Regole scritte, semplici, non da interpretare come un film di Lynch o un racconto di Nolan”.
La scelta delle metafore cinematografiche non è casuale: i lavoratori chiedono norme chiare, senza spazio per interpretazioni ambigue. “Orari umani, sicurezza sul lavoro e un reddito dignitoso” sono le priorità. Secondo alanews.it, tra i tecnici e gli operatori romani la trattativa è ferma da mesi. Molti denunciano turni che superano le dodici ore e paghe che non rispecchiano la complessità del lavoro.
Unità difficile, politica ingombrante
La lettera non nasconde una realtà amara: “L’unità totale è un miraggio”, ammettono. Mettere d’accordo tutte le figure del settore è complicato come “far volare la slitta di Babbo Natale senza magia”. Eppure, avvertono, senza un fronte comune si rischia di diventare solo “spettatori del nostro destino”.
Non manca una stoccata alla politica. “Per favore, liberateci dalle brame di potere”, scrivono. Denunciano una “presa di controllo” che sta trasformando la creatività in una catena di montaggio. Un pericolo concreto per chi lavora nell’industria culturale italiana, dove spesso le scelte sembrano dettate da interessi politici o di convenienza, non dal merito.
Ripartire dall’arte e dalla creatività vera
Il messaggio finale è un invito a tornare a “servire l’arte e il racconto con un’intelligenza artigianale e creativa”. I lavoratori vogliono un’industria dove contino talento, visione e passione, non solo l’appartenenza politica. “Vogliamo ricostruire una cultura di pace, non alimentare un futuro di conflitti”, si legge ancora.
In cambio dei “regali” chiesti – un contratto blindato, regole certe e rispetto per la creatività – promettono ironicamente a Babbo Natale un “catering decente” e di non fargli firmare il contratto all’ultimo minuto.
Un appello che unisce tutto il settore
La lettera si chiude con un augurio per tutte le lavoratrici e i lavoratori del cine-audiovisivo italiano. Un settore che, tra crisi, nuove piattaforme digitali e precarietà, cerca ancora oggi tutele concrete. Nei prossimi mesi sono previsti nuovi incontri tra sindacati e associazioni di categoria: la speranza è che il 2026 porti risposte più solide delle promesse di Natale.









