Roma, 25 dicembre 2025 – Meta ha annunciato che presenterà ricorso contro la decisione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). Nei giorni scorsi, l’Autorità ha contestato alla società alcune presunte pratiche anticoncorrenziali legate all’uso delle API di WhatsApp Business da parte di chatbot basati su intelligenza artificiale. Meta non ci sta: un portavoce ha definito la ricostruzione dell’Autorità “infondata”, sostenendo che non riflette la vera natura della piattaforma.
Meta contro l’Antitrust: una battaglia aperta
La vicenda è esplosa in fretta. Il 22 dicembre l’AGCM ha avviato un procedimento contro Meta Platforms Ireland Limited, accusandola di un possibile abuso di posizione dominante. Al centro della disputa c’è l’accesso delle aziende che sviluppano chatbot di intelligenza artificiale alle API di WhatsApp Business, strumenti usati da molte imprese per automatizzare le comunicazioni con i clienti. Secondo l’Autorità, Meta avrebbe imposto limiti ingiustificati all’uso di queste API, mettendo un freno alla concorrenza nel settore dell’IA applicata alla messaggistica.
Meta, però, respinge tutto. “L’arrivo di chatbot di intelligenza artificiale sulle nostre Business API ha messo sotto pressione i nostri sistemi, che non erano fatti per reggere questo tipo di carico”, ha spiegato un portavoce alla stampa. Un modo per sottolineare che la piattaforma non è stata progettata per supportare applicazioni di terze parti così avanzate.
WhatsApp Business non è un app store
Uno dei nodi principali riguarda proprio cosa sia WhatsApp Business. L’AGCM pare vederla come una specie di “app store” dove le aziende di IA dovrebbero poter accedere liberamente. Meta non la pensa così. “I canali per entrare nel mercato per le aziende di intelligenza artificiale sono gli app store, i loro siti web e le collaborazioni di settore, non WhatsApp Business”, ha chiarito il portavoce.
In sostanza, secondo Meta, WhatsApp non è un negozio digitale come Google Play o l’App Store. Le aziende che sviluppano soluzioni basate sull’intelligenza artificiale hanno comunque altri strumenti per raggiungere clienti e utenti. Per Meta, questo riduce di molto il peso di WhatsApp nel gioco competitivo.
L’Antitrust spinge per regole più eque nel digitale
Il caso italiano si inserisce in un quadro più ampio. Negli ultimi mesi, le autorità europee hanno puntato i riflettori sulle grandi piattaforme digitali, soprattutto per quanto riguarda l’accesso alle infrastrutture da parte delle realtà più piccole. In Italia, il procedimento su WhatsApp è uno dei primi a entrare nel vivo del tema dell’intelligenza artificiale nella messaggistica.
Fonti vicine all’Autorità spiegano che l’obiettivo è garantire regole eque per tutti gli operatori. “Non vogliamo che un solo player possa imporre da solo le regole del gioco”, ha detto un funzionario dell’AGCM che ha preferito restare anonimo. La preoccupazione più grande è che Meta possa usare la sua posizione dominante per frenare la crescita di concorrenti innovativi.
Ricorso e attesa: il futuro della vicenda
Meta ha già confermato che farà ricorso contro la decisione dell’Antitrust. “Faremo ricorso”, ha detto il portavoce. La strada sarà lunga: ora si apre una fase istruttoria in cui le parti potranno presentare documenti e argomentazioni. Solo dopo l’AGCM deciderà se mantenere o meno le accuse.
Intanto il dibattito continua. Da una parte ci sono le grandi piattaforme tecnologiche, che cercano di stare al passo con l’evoluzione rapida dei servizi digitali. Dall’altra, le aziende più piccole e le startup chiedono regole chiare e accesso equo alle infrastrutture digitali. Trovare un equilibrio non è semplice, in un settore dove l’innovazione corre veloce e i confini tra piattaforme e mercati si fanno sempre più sfumati.










