Roma, 25 dicembre 2025 – Nel silenzio della notte di Natale, mentre la Basilica di San Pietro si illuminava di canti e luci, Papa Francesco ha scelto parole semplici ma intense per la sua omelia. “Ora la carne parla, grida il desiderio di incontrarci”, ha detto rivolgendosi ai fedeli presenti in Vaticano e a milioni di persone collegate in tutto il mondo. Un messaggio che, come spesso accade, ha superato i confini della liturgia per toccare le ferite aperte della realtà di oggi.
Papa Francesco accende i riflettori sulle crisi umanitarie
Nel suo discorso, Francesco ha dipinto immagini forti: “Come non pensare alle tende di Gaza, da settimane esposte alla pioggia, al vento e al freddo, o a quelle di tanti profughi e rifugiati sparsi in ogni continente, senza dimenticare i ripari di fortuna di chi non ha una casa nelle nostre città?”. Le sue parole hanno suonato come un richiamo urgente. In piazza San Pietro, tra la folla raccolta sotto le colonne di Bernini, qualcuno ha abbassato lo sguardo, altri hanno annuito, silenziosi.
Il riferimento a Gaza, piegata dalla guerra e con migliaia di sfollati in condizioni disperate, è stato netto. Ma il Papa ha voluto allargare lo sguardo: “Fragile è la carne delle popolazioni inermi, segnate da guerre in corso o finite lasciando solo macerie e ferite aperte”. Un richiamo che riguarda non solo il conflitto israelo-palestinese, ma anche le tante crisi dimenticate: dall’Ucraina al Sudan, fino alle rotte dei migranti nel Mediterraneo.
Un Natale segnato dalla fragilità e dalla guerra
La notte del 24 dicembre a Roma la temperatura era sotto i dieci gradi. In via Marsala, vicino a Termini, alcune persone senza casa cercavano riparo sotto le pensiline degli autobus. “Fragili sono le vite dei giovani costretti a combattere”, ha continuato il Papa, “che al fronte si trovano davanti all’assurdità di quello che devono fare e alla menzogna dei discorsi roboanti di chi li manda a morire”. Un passaggio che ha colpito molti per la sua crudezza.
Fonti vaticane raccontano che il testo dell’omelia è stato rivisto fino all’ultimo minuto. Francesco ha voluto a tutti i costi inserire riferimenti chiari alle guerre in corso e alla situazione dei profughi. “Non possiamo festeggiare il Natale dimenticando chi soffre”, avrebbe detto a un collaboratore poco prima della messa.
Le reazioni dei fedeli e della politica
Tra i banchi della basilica, il pensiero sulla “carne fragile” ha suscitato emozione. Maria Grazia, 54 anni, arrivata da Bari con la famiglia, ha raccontato: “Mi sono tornate in mente le immagini al telegiornale, quei bambini nei campi profughi. Il Papa ci ricorda che non possiamo restare indifferenti”.
Anche la politica ha risposto. Il presidente Sergio Mattarella, in un messaggio nella notte, ha sottolineato: “Le parole del Santo Padre ci spingono a non chiudere gli occhi davanti alle sofferenze del nostro tempo”. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito l’impegno dell’Italia “a sostegno dei più fragili”, mentre diverse associazioni umanitarie hanno rilanciato l’appello del Papa sui social.
Un richiamo alla responsabilità di tutti
Il messaggio di Papa Francesco arriva in un momento internazionale segnato da tensioni e crisi umanitarie. Secondo l’UNHCR, aggiornato a dicembre 2025, sono oltre 114 milioni le persone costrette a fuggire da casa nel mondo. In Italia, l’Istat segnala circa 96 mila persone senza un tetto.
“Solo allora – ha concluso il Papa – potremo davvero incontrarci”. Un invito che va oltre la messa, diventando una chiamata a tutti noi. Nel silenzio della basilica, mentre le campane suonavano la mezzanotte, le sue parole sono rimaste sospese nell’aria. Un Natale segnato dalla fragilità umana e dalla speranza di un incontro vero tra le persone.









