L’Aquila, 21 dicembre 2025 – La Corte d’Appello dell’Aquila ha confermato ieri il rigetto del ricorso presentato dagli avvocati della cosiddetta “famiglia nel bosco”, mantenendo l’allontanamento dei minori deciso qualche mese fa dal Tribunale per i minorenni. I giudici, nella sentenza, hanno riconosciuto “gli apprezzabili sforzi di collaborazione” fatti dai genitori dopo la separazione dai figli, ma hanno anche sottolineato la necessità di abbattere “il muro di diffidenza” che la famiglia aveva costruito verso le istituzioni e i loro interventi di sostegno.
Corte d’Appello: confermati i rischi per i bambini
Nel dispositivo, la Corte d’Appello ha ribadito tutte le criticità già messe nero su bianco dal Tribunale dei minorenni. Secondo i giudici, restano “gravi rischi per la salute fisica e psichica dei bambini”, una situazione che – si legge nelle motivazioni – mette a rischio “la loro crescita sana e lo sviluppo equilibrato della personalità”. La vicenda, che ha fatto parlare molto anche fuori regione, riguarda una coppia che aveva scelto di vivere con i figli in una zona boschiva dell’entroterra abruzzese, lontano dai servizi essenziali e dalla scuola.
La posizione dei genitori e il percorso in tribunale
I legali della famiglia – come si evince dagli atti – avevano chiesto di tornare sui loro passi e di revocare l’allontanamento, sostenendo che i genitori avessero cambiato atteggiamento e fossero ora disponibili a collaborare con i servizi sociali. “Abbiamo fatto tutto il possibile per dimostrare la nostra volontà di dialogo”, ha detto uno degli avvocati, sottolineando che la coppia ha accettato incontri protetti e colloqui con gli assistenti sociali. Ma la Corte ha giudicato questi segnali, pur positivi, insufficienti a garantire la tutela dei minori nel breve termine.
Tra apertura e diffidenza: cosa dicono i giudici
Nella sentenza, i giudici riconoscono che “solo dopo l’allontanamento dei minori” i genitori hanno cominciato a mostrarsi più aperti verso le istituzioni. “Si spera – scrive la Corte – in un superamento definitivo del muro di diffidenza che avevano eretto contro ogni intervento e offerta di sostegno”. Una frase che racconta bene il clima di tensione e incomprensione che ha segnato questa storia fin dall’inizio. Secondo gli operatori sociali, la famiglia aveva rifiutato per mesi ogni tipo di aiuto esterno, temendo di perdere il controllo sulla propria libertà educativa.
I rischi per i bambini: salute e sviluppo in pericolo
Al centro della decisione restano le condizioni dei bambini. La Corte ha richiamato le valutazioni degli esperti nominati dal Tribunale dei minorenni: “Persistono gravi rischi per la salute fisica e mentale dei minori”, si legge nelle motivazioni. In particolare, sono stati segnalati problemi legati all’isolamento sociale, alla mancanza di cure mediche regolari e alla scarsa frequenza scolastica. Tutto questo, secondo i giudici, mette a rischio “la crescita sana e lo sviluppo equilibrato della personalità” dei piccoli.
Le reazioni e cosa succede ora
All’uscita dal palazzo di giustizia, uno degli avvocati della famiglia ha detto: “Valuteremo se andare in Cassazione. I genitori sono provati, ma non si arrendono”. Nel frattempo, i servizi sociali continuano a seguire da vicino la situazione dei bambini, che restano affidati a una struttura protetta. Nessuna dichiarazione ufficiale dalla Procura minorile, che si è limitata a confermare l’esito del procedimento.
Un caso che fa discutere l’opinione pubblica
La storia della “famiglia nel bosco” ha acceso un acceso dibattito tra chi difende il diritto dei genitori a scegliere uno stile di vita diverso e chi invece punta a garantire ai bambini condizioni minime di sicurezza e benessere. Nei piccoli paesi dell’Aquilano, la vicenda è diventata tema di conversazione nei bar e nelle piazze. “Non è facile giudicare”, ha detto una residente di San Demetrio ne’ Vestini, “ma i bambini devono venire prima di tutto”.
La sentenza della Corte d’Appello chiude – almeno per ora – un capitolo complesso, dove si intrecciano libertà individuale e tutela dei minori. E lascia aperta la domanda su dove stia il confine tra autonomia familiare e responsabilità verso i più piccoli.








