Venezia, 21 dicembre 2025 – Questa mattina, nel carcere femminile della Giudecca, è stato proiettato il documentario “Le Farfalle della Giudecca”, realizzato nel 2024 da Rosa L. Galantino e Luigi G. Ceccarelli. Il film, con la voce narrante di Ottavia Piccolo, racconta la vita quotidiana delle donne detenute, tra formazione, lavoro e il ricordo della visita di papa Francesco durante la Biennale dello scorso anno. All’evento, oltre alle detenute, erano presenti anche diverse figure istituzionali: il patriarca di Venezia Francesco Moraglia, il prefetto Darco Pellos, il questore Gaetano Bonaccorso, l’assessora comunale alla Sicurezza Elisabetta Pesce e la direttrice del carcere Maurizia Campobasso.
Vite dietro le sbarre: il racconto delle donne della Giudecca
Girato proprio dentro l’istituto penitenziario veneziano, “Le Farfalle della Giudecca” si focalizza sulle storie personali delle detenute. Il documentario alterna immagini di vita di tutti i giorni a momenti in cui le donne si confrontano e riflettono insieme. La voce di Ottavia Piccolo accompagna lo spettatore tra le aule di formazione, i laboratori e i corridoi dove si intrecciano speranze e paure. Non è solo un racconto di detenzione: è un tentativo di restituire dignità e complessità a chi vive lì.
La proiezione, iniziata poco dopo le 10 nella sala comune, ha visto le detenute seguire il film in silenzio. Alcune si sono commosse, altre hanno mantenuto lo sguardo fisso sullo schermo. “Ci siamo riconosciute in molte scene”, ha confidato una donna, “soprattutto quando si parla di futuro e famiglia”. La presenza delle autorità ha dato un peso diverso all’evento. “Non capita spesso di sentirsi ascoltate”, ha aggiunto un’altra detenuta.
Biennale, papa Francesco e la città che include
Uno dei momenti chiave del documentario è la partecipazione del carcere alla Biennale di Venezia 2024, quando l’istituto ha ospitato il Padiglione del Vaticano e ha ricevuto la visita di papa Francesco. Un ricordo ancora vivo per molte donne detenute. “Quella giornata ci ha fatto sentire parte della città”, ha raccontato la direttrice Campobasso, subentrata da poco a Mariagrazia Bregoli, figura centrale anche nel film.
Alla proiezione, il patriarca Moraglia ha celebrato una breve messa nella cappella del carcere. Nel suo discorso ha ricordato l’importanza di non dimenticare chi vive situazioni di fragilità: “La città cresce quando tratta questi luoghi come parte di sé”, ha detto, rivolgendosi alle autorità e alle detenute. Un pensiero è andato anche ad Alberto Trentin, cooperante veneziano ancora prigioniero in Venezuela: “Che il Signore possa aiutarlo a tornare presto”, ha sperato Moraglia.
Speranza e futuro: le parole della direttrice Campobasso
A fine proiezione, la direttrice ha voluto sottolineare quanto sia importante mantenere viva la speranza durante la detenzione: “Le donne qui non devono mai smettere di sperare. Non è solo aspettare tempi migliori, ma capire che ciò che facciamo ha un senso”. Alcune detenute hanno raccolto questo messaggio, chiedendo informazioni sui corsi di formazione che inizieranno nel 2026.
Secondo i dati dell’amministrazione penitenziaria, nel carcere della Giudecca sono recluse circa 80 donne. La maggior parte partecipa a programmi di istruzione o lavoro dentro la struttura, mentre una parte minore è coinvolta in progetti artistici o culturali. “Il documentario aiuta a far capire fuori cosa succede qui dentro”, ha spiegato Campobasso ai giornalisti presenti.
Oltre il film: la mostra sui volti della povertà
In contemporanea alla proiezione, al piano terra dell’istituto, nella cappella sconsacrata, si poteva visitare per l’ultimo giorno la mostra fotografica “I volti della povertà in carcere”, realizzata a San Vittore. Una serie di scatti in bianco e nero che raccontano storie di disagio e resistenza dietro le sbarre. Alcune detenute si sono fermate più a lungo davanti alle immagini, commentandole tra loro.
La mattinata si è chiusa poco prima di mezzogiorno. Le autorità hanno lasciato il carcere tra strette di mano e qualche parola scambiata con il personale. Per le donne della Giudecca, è stata una giornata diversa dal solito: fatta di ascolto e memoria condivisa. E resta una domanda aperta: cosa resta, dentro e fuori, quando si spengono le luci della sala?








