Milano, 20 dicembre 2025 – Dopo settimane di silenzio, Carlotta Vagnoli è tornata a parlare. Ieri sera ha scelto Instagram per raccontare la sua versione sull’inchiesta per stalking che la vede indagata insieme a Valeria Fonte. La scrittrice e attivista fiorentina, 37 anni, ha spiegato di aver aspettato il deposito delle sue memorie difensive prima di rompere il silenzio: “Sono stata zitta un mese e mezzo perché dovevo prima mettermi al sicuro”, ha detto, con la voce ferma ma visibilmente provata. L’indagine, coordinata dalla procura di Monza, è ancora aperta. “Adesso che ho consegnato le memorie, il pm farà le sue valutazioni e vedremo se ci sarà un processo o un’archiviazione”, ha aggiunto.
Accuse pesanti e i social nel mirino
Secondo l’accusa, Vagnoli e Fonte avrebbero messo in piedi una vera e propria “campagna di molestie e offese” sui social contro il giornalista A.S. e Serena Mazzini (nota come Serena Doe), causando in loro ansia e gravi difficoltà nella vita di tutti i giorni. La storia è diventata pubblica a fine ottobre, quando la giornalista Selvaggia Lucarelli ha pubblicato su Il Fatto Quotidiano alcune chat private delle due donne, piene di insulti a personaggi noti. “Quei documenti potevano averli solo le parti coinvolte nel procedimento”, ha detto Vagnoli, lasciando intendere che il materiale sia stato diffuso senza autorizzazione. “Alcuni conoscenti mi hanno detto di aver ricevuto una chiavetta con quelle chat”, ha aggiunto. Dai quasi 8mila messaggi, sono state estrapolate solo 22 frasi: “La proporzione tra quello che c’è e quello che è stato raccontato è tutta un’altra storia”, ha sottolineato.
Le chat al centro della bufera
Tra i messaggi finiti sotto i riflettori ci sono commenti su Sergio Mattarella, Roberto Saviano e Chiara Valerio. Vagnoli li definisce “sfoghi privati tra amici”, molto lontani da come sono stati presentati dai media. Un passaggio che ha acceso l’attenzione riguarda le parole su Michela Murgia, scomparsa da poco: “Il messaggio ‘Era una stronza’ era seguito da ‘lo dico con cognizione di causa e non poco dolore’, ma questa parte è stata quasi sempre tagliata”, ha spiegato. Ricorda anche l’ultimo scambio con Murgia, un acceso confronto di lavoro: “Quel giorno ho fatto una cosa che non mi perdonerò mai, darle ragione solo per chiudere la discussione. Lei era una meravigliosa stronza, sapeva esattamente come farsi rispettare”.
La battuta d’arresto nella vita di Vagnoli
Il procedimento ha colpito duramente la vita di Vagnoli. “Ho perso tutto”, ha confessato. Un libro su cui lavorava da due anni, previsto per l’inizio del 2026, è stato cancellato dall’editore. Sono saltate collaborazioni con giornali, conferenze, il volontariato e persino un tour teatrale preparato da più di un anno. Non solo: la scrittrice racconta di aver ricevuto minacce e insulti, di essere stata vittima di doxing, al punto da cambiare casa e isolarsi per più di un mese. “È stato come stare agli arresti domiciliari, ma senza che lo decidesse un giudice e soprattutto senza motivo”, ha detto.
Un clima di ostilità e attacchi
“Non ho fatto nulla di male”, ripete Vagnoli, che denuncia anche l’ostilità di parte dell’opinione pubblica: “Si è alzata una parte della società che aspettava solo di vendicarsi sulle donne, soprattutto se legate a movimenti o alla sinistra”. La scrittrice racconta di aver visto la sua immagine su volantini di gruppi neonazisti e di essere stata presa di mira da comunità online incel: “Mi hanno distrutta con una violenza senza precedenti”.
Il futuro dell’inchiesta
L’indagine resta aperta a Monza. Ora spetta al pubblico ministero decidere sul materiale difensivo presentato da Vagnoli e Fonte. La stessa scrittrice ritiene probabile un rinvio a giudizio, ma non esclude che possa arrivare un’archiviazione. Intanto, resta acceso il dibattito sui confini tra libertà di parola, responsabilità sui social e tutela di chi è coinvolto in processi mediatici.










