Roma, 19 dicembre 2025 – Nella notte tra il 18 e il 19 dicembre, il governo Meloni ha vissuto ore di alta tensione durante l’esame della manovra finanziaria in commissione Bilancio al Senato. La scintilla è scoppiata quando la Lega ha detto no alla stretta sulle pensioni prevista per finanziare gli aiuti alle imprese. La situazione si è sbloccata solo dopo una serie di telefonate e consulti tra i vertici del governo, mentre la premier era a Bruxelles per il Consiglio europeo.
Notte di tensioni a Palazzo Madama
Tutto è successo tra le 23 e l’una, nei corridoi del Senato. La Lega, guidata dal capogruppo Massimiliano Romeo, ha contestato con forza la proposta di tagliare sulle pensioni per mettere soldi nelle casse delle imprese. Una misura che, secondo fonti parlamentari, era stata spinta dai tecnici del Ministero dell’Economia e dalla Ragioneria dello Stato, ma che ha trovato un muro proprio nel partito di Matteo Salvini. “Non c’è stato nessuno scontro interno alla Lega”, ha spiegato Romeo in mattinata, “ma era chiaro che servivano fondi alternativi”.
La tensione è calata solo dopo una telefonata tra Romeo e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, anche lui leghista. Poco dopo, si è tenuta una call notturna con Giorgetti, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, il sottosegretario all’Economia Federico Freni, la Ragioniera dello Stato Daria Perrotta e i sottosegretari alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari. Un incontro ristretto, a porte chiuse, che ha portato a mettere da parte la misura più contestata.
Meloni a Bruxelles, governo in subbuglio
Mentre tutto questo accadeva, Giorgia Meloni era a Bruxelles, nel momento più delicato del Consiglio europeo, chiamata a discutere il prestito da 90 miliardi di euro all’Ucraina. Impossibile disturbarla, dicono fonti di Palazzo Chigi. La premier veniva aggiornata solo quando le decisioni erano già prese. Chi le è vicino racconta che Meloni non ha nascosto un certo fastidio per le tensioni interne esplose proprio durante la sua missione all’estero. Non è la prima volta che succede: episodi simili in passato avevano già provocato irritazione nella presidente del Consiglio.
La Lega resta ferma, reazioni e chiarimenti
La posizione della Lega è stata chiara fin dall’inizio della serata. “I tecnici del Mef e la Ragioneria insistevano sulle pensioni, ma noi abbiamo sempre detto che si potevano trovare altre coperture”, ha ribadito Romeo. Una fonte di primo piano del partito di Salvini sottolinea che la cancellazione della misura non è stata frutto di minacce sulla tenuta del governo: “È esagerato dire che abbiamo messo a rischio la maggioranza – ha precisato – era solo una questione di sensibilità politica. C’erano punti da sistemare”.
Intanto, in commissione Bilancio, si lavorava senza sosta per chiudere l’esame della manovra entro la giornata. I relatori limavano gli ultimi dettagli, mentre ai piani alti del governo si tendeva a ridimensionare la questione: “Sono dinamiche normali – spiegano fonti della maggioranza – che si vedono da sempre quando si arriva a questo punto. Conta la soluzione finale, e la quadra si è trovata”.
Manovra e equilibrio politico, una partita complessa
Il caso delle pensioni mette in luce quanto sia delicato il gioco di equilibri tra i partiti della maggioranza e la necessità di trovare risorse certe per finanziare le misure promesse. Il Ministero dell’Economia aveva indicato la stretta sulle pensioni come via obbligata per coprire gli interventi alle imprese, ma la Lega ha detto no. Dopo ore di trattative, si è deciso di mettere da parte quella misura e cercare altre soluzioni.
Fonti parlamentari riferiscono che, nella notte, non sono emerse alternative chiare: “Si lavorerà nelle prossime ore per trovare coperture diverse”, ha confidato un esponente della maggioranza. La discussione resta aperta, ma il clima è più tranquillo rispetto alle ore precedenti.
Verso la chiusura, ma resta l’incognita politica
Con l’esame della manovra ormai agli sgoccioli in commissione Bilancio, il governo punta a portare il testo in Aula entro il fine settimana. Resta da vedere se le tensioni interne torneranno o se prevarrà l’unità. Per ora la priorità è chiudere senza altri scossoni.
La notte al Senato conferma quanto sia complicato il cammino della legge di bilancio, tra vincoli finanziari e pressioni politiche. Solo allora – forse – si potrà parlare davvero di una maggioranza compatta.










