Rimini, 17 dicembre 2025 – Orfeo Bindi, 70 anni, noto in città come “il guaritore”, è stato condannato a dieci mesi di carcere e a una multa dal tribunale di Rimini. L’accusa? Esercizio abusivo della professione medica e violazione dei sigilli posti su alcune confezioni di erbe. Bindi, che si presentava come omeopata, era finito sotto inchiesta per aver promesso cure miracolose contro il Covid e persino contro il cancro. È stato però assolto dall’accusa di truffa. La sentenza, pronunciata ieri mattina nell’aula del palazzo di giustizia di via Carlo Alberto Dalla Chiesa, segna la chiusura del primo grado di un caso che ha fatto molto discutere, non solo in provincia.
Abuso della professione e multe: cosa ha deciso il tribunale
Secondo la procura, Bindi avrebbe consigliato a decine di persone delle “polverine” a base di erbe, spacciandole come rimedi capaci di prevenire il contagio da Covid-19 e curare malattie gravi, tra cui i tumori. L’indagine è partita nel 2022, dopo un servizio di “Striscia la notizia” che ha mostrato le pratiche del sedicente guaritore nel suo studio a Rimini. Da quel momento, la Guardia di Finanza ha fatto accertamenti, sequestrato prodotti erboristici e ascoltato numerosi testimoni.
Il giudice però ha escluso la truffa: nessuno dei circa trenta clienti sentiti in aula ha detto di essersi sentito ingannato o danneggiato. Non c’è stata alcuna denuncia formale né costituzione di parte civile. “Non mi sono mai sentito preso in giro”, ha raccontato uno dei testimoni. Un altro ha spiegato: “Sapevo che non era un medico vero, ma mi fidavo delle sue erbe”. Il pubblico ministero onorario Simona Bagnaresi aveva chiesto una pena più severa, ma il tribunale ha riconosciuto solo l’esercizio abusivo della professione e la violazione dei sigilli.
Quando i media fanno scattare l’allarme
Tutto è venuto a galla dopo il servizio di “Striscia la notizia”, che ha mostrato le visite nello studio di Bindi e le sue affermazioni sulle proprietà delle erbe. A quel punto, il gip ha subito sospeso l’uomo dall’attività omeopatica. “Abbiamo agito per proteggere la salute pubblica”, ha spiegato il sostituto procuratore Davide Ercolani, che ha coordinato l’indagine insieme alla Guardia di Finanza.
Nel quartiere dove Bindi lavorava, tra via Marecchiese e il centro storico, la notizia della condanna ha diviso le opinioni. C’è chi ha tirato un sospiro di sollievo: “Era ora che qualcuno intervenisse”, ha detto una commerciante. Altri invece lo difendono: “Non ha mai fatto male a nessuno”, ha raccontato un cliente abituale.
La difesa annuncia ricorso
L’avvocato Antonio Giacomini, che difende Bindi, ha già annunciato il ricorso in appello. “Il mio cliente ha sempre consigliato solo rimedi naturali, senza mai spacciarsi per medico”, ha detto uscendo dal tribunale. Secondo la difesa, le erbe prescritte non hanno mai sostituito cure ufficiali e i clienti sapevano bene che si trattava di trattamenti non convenzionali.
La sentenza non è definitiva. Nei prossimi mesi arriveranno le motivazioni del giudice e si aprirà il processo d’appello. Intanto, Bindi – che non ha voluto commentare – resta sospeso dall’attività.
Medicina alternativa, i rischi e il confine sottile
Il caso di Bindi riporta al centro del dibattito il tema delle medicine alternative e i pericoli legati all’esercizio abusivo di professioni sanitarie. Secondo l’Ordine dei Medici di Rimini, negli ultimi tre anni sono aumentate le segnalazioni di pratiche non autorizzate. “Serve più attenzione e controlli”, sottolinea il presidente dell’Ordine, Giovanni Rossi. Questa vicenda dimostra quanto sia delicato il confine tra libertà di cura e tutela della salute pubblica.
Per ora, la storia resta aperta. E nel quartiere dove tutto è cominciato, tra chi ancora si affida alle erbe e chi chiede più controlli, la discussione non si ferma.










