Torino, 16 dicembre 2025 – Mohamed Shahin, imam della moschea di San Salvario a Torino, è tornato libero ieri dal Centro di permanenza per il rimpatrio di Caltanissetta. La decisione arriva dopo il verdetto della Corte d’Appello di Torino e ha colto di sorpresa lo stesso Shahin, arrestato il 24 novembre e destinato all’espulsione su ordine del Viminale. “Sono libero? Non me l’aspettavo”, ha detto quasi a bassa voce all’agente che gli ha comunicato la scarcerazione. Poche parole semplici, mentre si preparava a lasciare il centro: “Grazie infinite”.
Chi è Mohamed Shahin e il suo legame con Torino
Shahin, 47 anni, è arrivato in Italia più di vent’anni fa e da allora ha costruito la sua vita a Torino. Qui guida la comunità islamica della moschea Omar Ibn Al Khattab, in via Saluzzo. “Torino è casa, è l’unico posto dove mi sento davvero a casa”, ha raccontato a La Stampa. La sua famiglia – la moglie Asmaa e i due figli di 9 e 12 anni – vive nel capoluogo piemontese. “Non vedo l’ora di tornare nella mia amata Torino, nel mio quartiere”, ha aggiunto dopo essere stato liberato.
Negli ultimi anni, Shahin si è fatto conoscere per il suo impegno nel dialogo interreligioso e nella convivenza pacifica. “Sono un uomo di fede, ho sempre lavorato per la pace e il dialogo”, ha ribadito attraverso il suo avvocato, Fairus Ahmed Jama. In ventuno anni in Italia non ha mai avuto problemi con la legge: “Non ho mai infranto una norma”, ha sottolineato. L’idea di un rimpatrio in Egitto, dove è considerato un oppositore del regime di Al-Sisi, lo spaventava molto: “Sarebbe stata una condanna a morte”.
Le parole sul 7 ottobre e le accuse
La situazione di Shahin si è complicata dopo alcune frasi pronunciate durante una manifestazione pro Palestina a Torino, il 9 ottobre. In quell’occasione aveva detto: “Sono d’accordo con quello che è successo il 7 ottobre”, riferendosi all’attacco di Hamas in Israele. Il giorno dopo aveva aggiunto: “Condanno sempre la violenza, ma il 7 ottobre è stata una risposta a anni di occupazione”. Queste parole hanno scatenato polemiche e acceso i riflettori delle autorità.
La Questura lo aveva indicato come “una minaccia concreta, attuale e grave per la sicurezza dello Stato”. Nel novembre 2023 il Ministero dell’Interno aveva respinto la sua richiesta di cittadinanza italiana per “ragioni di sicurezza”. Ma l’imam ha sempre negato di aver giustificato la violenza: “Non si può parlare solo del 7 ottobre, è il frutto di ottant’anni di occupazione e undici guerre”, ha spiegato.
La decisione della Corte d’Appello cambia tutto
La svolta è arrivata con l’ordinanza della Corte d’Appello di Torino, che ha accolto il ricorso dei legali di Shahin. I giudici hanno trovato “nuove informazioni che mettono in discussione la legittimità” della sua detenzione. Il procedimento penale sulle sue parole era stato già archiviato dalla Procura: quelle frasi, si legge nell’ordinanza, sono “espressione di pensiero che non configurano reato”.
Il tribunale ha sottolineato che, in uno Stato di diritto, certe dichiarazioni non bastano per “dichiarare qualcuno pericoloso”. A Shahin era stata contestata anche una denuncia per blocco stradale, ma il giudice ha stabilito che non c’è stata violenza: “Era con tante persone sulla tangenziale”. Quanto ai presunti legami con indagati per terrorismo, la Corte li ha definiti “episodi isolati e vecchi”.
Le reazioni in quartiere e cosa succede ora
La liberazione di Shahin ha diviso un po’ gli animi nel quartiere di San Salvario. Don Marco Durando, parroco della chiesa locale, l’ha definita “una giornata di gioia”: “Qui, nella diversità, siamo uniti, ci sosteniamo e proviamo a lavorare insieme”. La moglie Asmaa, in una lettera del 10 dicembre – giorno del compleanno di Shahin – aveva scritto parole di speranza: “Spero che tu entri a casa all’improvviso, come sei uscito”.
Per ora, però, Shahin non può tornare libero del tutto: il tribunale di Caltanissetta ha sospeso il rigetto della sua domanda d’asilo politico. Il Ministero dell’Interno ha già annunciato ricorso in Cassazione. L’imam, intanto, guarda avanti con prudenza: “Sono felice di poter passare le feste con la mia famiglia”. La vicenda resta aperta, tra attese in tribunale e dubbi sul futuro della convivenza in città.










