Roma, 13 dicembre 2025 – La Legge di Bilancio 2026 ha introdotto una norma che lega il pagamento ai liberi professionisti da parte delle pubbliche amministrazioni alla verifica della loro regolarità fiscale e contributiva. Una misura che ha subito acceso il dibattito tra le categorie coinvolte. A sollevare la questione è stato Elbano de Nuccio, presidente dell’associazione “Professionisti Insieme”, che ha definito la norma “ingiustamente vessatoria” e ha chiesto di rivederla.
Norma sulla regolarità fiscale: i professionisti in allarme
La disposizione, confermata di recente dalla Commissione Bilancio del Senato e già approvata dalla Ragioneria generale dello Stato, impone alle amministrazioni pubbliche di pagare i professionisti solo dopo aver controllato che siano in regola con tasse e contributi. Per de Nuccio, però, questo rischio bloccherà i pagamenti anche per irregolarità di poco conto. “Non c’è alcuna soglia di tolleranza – spiega – e così anche piccoli errori o omissioni possono far saltare i pagamenti”.
Il provvedimento nasce per rafforzare i controlli e combattere l’evasione, introducendo un controllo anticipato che coinvolge sia le amministrazioni sia i professionisti. Questi ultimi dovranno chiedere un documento che attesti la regolarità previdenziale, simile al Durc, alla propria Cassa di riferimento, oltre a un certificato di conformità fiscale rilasciato dall’Agenzia delle Entrate.
I problemi segnalati dai professionisti
Secondo de Nuccio, la nuova procedura aggiunge “un peso burocratico in più” non solo per i professionisti, ma anche per gli uffici pubblici che devono effettuare i controlli. “Ora la pubblica amministrazione è chiamata a verificare la posizione di ogni professionista – sottolinea – mentre questi ultimi devono muoversi per ottenere tutta la documentazione necessaria”. Un meccanismo che, a suo avviso, rischia di rallentare i pagamenti e complicare il lavoro degli enti.
Uno dei nodi principali è proprio l’assenza di una soglia minima sotto la quale le irregolarità non bloccherebbero i compensi. “Anche per pochi euro di differenza – aggiunge – si rischia che i pagamenti vengano sospesi, nonostante il lavoro sia stato già svolto e la pubblica amministrazione ne abbia tratto beneficio”.
Le richieste delle associazioni professionali
Di fronte a queste criticità, “Professionisti Insieme” ha chiesto di cancellare la norma o almeno di cambiarla profondamente. “Vogliamo che questa previsione venga tolta – ha detto de Nuccio – perché penalizza una categoria già oberata da tanti obblighi”.
Altre associazioni rappresentative dei professionisti italiani hanno fatto sentire la loro voce. Avvocati, commercialisti, ingegneri hanno espresso preoccupazione per i possibili ritardi nei pagamenti e per il conseguente impatto sulla liquidità dei loro studi. In molti hanno sottolineato il rischio che i ritardi mettano a dura prova la continuità delle attività.
Il confronto politico si apre
La questione è ora sul tavolo del Parlamento. Alcuni esponenti della maggioranza hanno lasciato intendere che, in fase di approvazione definitiva della manovra, potrebbero arrivare modifiche. “Siamo attenti alle segnalazioni delle categorie – ha detto un senatore della Commissione Bilancio – e stiamo cercando un equilibrio tra controlli necessari e tutela dei professionisti”.
Nel frattempo, le associazioni promettono battaglia. “Non molleremo – ha assicurato de Nuccio – finché non si troverà una soluzione che rispetti il lavoro dei professionisti senza appesantire ancora il sistema”.
Il dibattito resta aperto. Nei prossimi giorni sono attese nuove prese di posizione da parte delle organizzazioni di categoria e dei partiti. Sullo sfondo c’è la necessità, sempre più urgente, di semplificare i rapporti tra professionisti e pubblica amministrazione. Controlli sì, ma senza blocchi e ritardi che rischiano di penalizzare chi lavora seguendo le regole.










