Milano, 11 dicembre 2025 – Irene Pivetti, ex presidente della Camera, è stata condannata anche in secondo grado a quattro anni di carcere per evasione fiscale e autoriciclaggio. La Corte d’Appello di Milano ha confermato ieri la sentenza di primo grado, mettendo una pietra, almeno per ora, su una vicenda giudiziaria iniziata quasi dieci anni fa. Al centro del processo c’è la compravendita di tre Ferrari Granturismo, operazioni per un valore complessivo di circa dieci milioni di euro, che secondo l’accusa sarebbero servite a nascondere e rimettere in circolo soldi di provenienza illecita.
Ferrari e soldi in movimento: la triangolazione internazionale
La Procura, guidata dal pm Giovanni Tarzia, ha ricostruito una complessa rete commerciale che ruotava intorno alle tre Ferrari Granturismo. Le indagini della Guardia di Finanza di Milano hanno seguito una serie di passaggi tra società italiane e straniere. Le vetture, formalmente destinate al mercato cinese, sarebbero state usate – secondo gli inquirenti – come mezzo per far girare denaro tra società riconducibili a Pivetti e ad altri imputati.
Gli investigatori hanno tracciato i flussi di denaro, scoprendo bonifici e operazioni bancarie che, dai documenti raccolti, sembrano avere come unico scopo quello di “coprire” la vera origine dei fondi. “È un sistema studiato a tavolino – ha spiegato in aula il pm Tarzia – per aggirare i controlli fiscali e rimettere in circolo somme sottratte al fisco”. Nel mirino ci sono operazioni per oltre dieci milioni di euro.
La difesa: “Una persecuzione”
Irene Pivetti, presente in aula al momento della sentenza, ha sempre negato ogni accusa. “Questa è una persecuzione”, aveva detto fin dall’inizio del processo, sostenendo di aver sempre agito correttamente con il fisco. Anche ieri, uscendo dal tribunale di corso di Porta Vittoria, ha ribadito la sua estraneità ai fatti: “Non ho mai evaso un euro – ha dichiarato ai giornalisti – e continuerò a difendermi in tutte le sedi”.
Il suo team legale, guidato dall’avvocato Stefano Maccioni, ha già annunciato il ricorso in Cassazione. “Siamo certi che ci sono margini per ribaltare questa sentenza”, ha detto il legale. Secondo la difesa, le operazioni contestate sono state regolari e documentate; non c’è stata alcuna frode né nascondimento di denaro.
Cosa cambia con questa sentenza
La conferma della condanna in Appello segna un momento cruciale per la posizione giudiziaria di Irene Pivetti. Solo quando il verdetto diventerà definitivo scatteranno le conseguenze penali e patrimoniali previste dalla legge. Tra queste, la confisca delle somme già disposta in primo grado, cifre importanti legate alle movimentazioni finanziarie al centro del processo.
Fonti giudiziarie spiegano che con questa sentenza si chiude un capitolo lungo, iniziato nel 2016 con le prime verifiche fiscali sulle società legate all’ex presidente della Camera. Da allora, una lunga serie di accertamenti bancari e rogatorie internazionali ha portato al rinvio a giudizio e ora alla doppia condanna.
Un caso che continua a far discutere
La vicenda ha diviso politica e opinione pubblica. Alcuni esponenti della maggioranza hanno preferito non commentare. Altri, come il deputato Alessandro Zan (PD), hanno sottolineato “l’importanza di rispettare le sentenze della magistratura”. Sui social, invece, non sono mancati messaggi di sostegno a Pivetti, ma anche critiche dure.
Ora si attende la decisione della Cassazione sul ricorso della difesa. Intanto, la figura pubblica di Irene Pivetti resta sospesa tra il suo passato istituzionale e un presente segnato dalla giustizia: una storia che continua a far parlare.










