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Cucina italiana: Slow Food celebra la biodiversità e l’artigianalità come patrimonio Unesco

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Cucina italiana: Slow Food celebra la biodiversità e l'artigianalità come patrimonio Unesco
Cucina italiana: Slow Food celebra la biodiversità e l'artigianalità come patrimonio Unesco
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Roma, 11 dicembre 2025 – Ieri a Parigi, durante la riunione annuale del Comitato intergovernativo, è stato ufficialmente riconosciuto l’inserimento della cucina italiana nel patrimonio immateriale dell’Unesco. Un traguardo che, come ha spiegato al telefono da Torino Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia, va oltre la semplice celebrazione delle ricette più famose: “Qui si premia la nostra agrobiodiversità, la vera base della cucina italiana”.

Un riconoscimento che celebra la biodiversità

La notizia circolava già da settimane, ma la conferma è arrivata solo nel tardo pomeriggio di ieri. L’Unesco ha riconosciuto la cucina italiana come patrimonio immateriale dell’umanità, valorizzando una tradizione che affonda le radici nella storia agricola del Paese. “Non si tratta solo di piatti celebri – spiega Nappini – ma di un sistema fatto di territori, saperi e ingredienti unici”. Secondo Slow Food, questo patrimonio si basa su una biodiversità agricola senza paragoni in Europa.

Nappini ha ricordato l’impegno di iniziative come i Presìdi Slow Food e l’Arca del Gusto, che da quasi quarant’anni lavorano per salvaguardare varietà locali e saperi artigianali. “Dietro ogni ricetta c’è il lavoro di contadini e cuochi che, con passione e creatività, hanno reso possibili i piatti che conosciamo oggi”, aggiunge. Un lavoro spesso nascosto, ma ora messo sotto i riflettori a livello internazionale.

Le comunità locali al centro

Slow Food sottolinea che il riconoscimento Unesco non riguarda solo grandi città o ristoranti di lusso. “Parliamo di migliaia di piccoli produttori – dice Nappini – che ogni giorno tengono in vita tradizioni e coltivazioni antiche: dal grano Senatore Cappelli in Puglia ai fagioli zolfini della Toscana”. In molte zone d’Italia, la cucina è ancora un fatto di comunità: si cucina insieme, si tramandano ricette di generazione in generazione, si raccolgono erbe spontanee nei campi.

A Bologna, il sindaco Matteo Lepore ha commentato con una battuta: “Finalmente il ragù è patrimonio dell’umanità”. In realtà, il dossier Unesco non cita singoli piatti, ma un sistema complesso fatto di pratiche agricole, convivialità e trasmissione orale. “È questo il cuore della candidatura”, spiegano fonti del Ministero della Cultura.

Quarant’anni di strada

Non è un caso che Slow Food sia stata tra i primi a sostenere la candidatura. Fondata nel 1986 da Carlo Petrini a Bra, l’associazione ha costruito una rete di oltre 1.500 comunità in tutta Italia. I Presìdi, nati nel 1999, proteggono oggi più di 350 prodotti a rischio: dal caciocavallo podolico alle lenticchie nere di Leonforte. L’Arca del Gusto raccoglie varietà dimenticate e tecniche tradizionali.

“Abbiamo cominciato quando nessuno parlava di biodiversità”, ricorda Nappini. Oggi il tema è centrale nelle politiche agricole europee e nelle strategie per un’alimentazione sostenibile. Secondo Coldiretti, in Italia si coltivano più di 5.000 varietà di piante e si allevano oltre 500 razze animali autoctone. Numeri che fanno del nostro Paese un vero laboratorio di diversità.

Tra opportunità e sfide

Questo riconoscimento arriva in un momento delicato per l’agroalimentare italiano. Da un lato, l’export cresce – secondo l’Istat, nel 2024 le esportazioni di prodotti alimentari hanno superato i 60 miliardi di euro – dall’altro, le minacce non mancano: cambiamenti climatici, abbandono delle campagne, omologazione dei gusti.

“Questo titolo non è un punto di arrivo – avverte Nappini – ma uno sprone a continuare a raccontare, proteggere e valorizzare la nostra cucina”. Il rischio, secondo Slow Food, è che la fama internazionale porti a semplificazioni o a perdere autenticità. “Dobbiamo restare fedeli alle nostre radici”, conclude la presidente.

Intanto, in molte piazze italiane si festeggia con piatti tradizionali e brindisi improvvisati. A Napoli, stamattina, un gruppo di studenti ha distribuito sfogliatelle davanti al Conservatorio San Pietro a Majella. A Palermo, i pescatori del mercato della Vucciria hanno offerto arancine appena fritte ai passanti. Piccoli gesti che raccontano un orgoglio che oggi trova voce anche nelle carte dell’Unesco.

Written by
Luca Carlini

Sono un appassionato di economia e del mondo del lavoro, con un occhio attento alle dinamiche sociali e politiche che influenzano la nostra vita quotidiana. La mia carriera giornalistica mi ha portato a esplorare vari aspetti dell'attualità, dalla cronaca alle notizie politiche, sempre con l'intento di fornire un'analisi critica e ben informata. Collaboro con smetteredilavorare.it per offrire approfondimenti utili e stimolanti su come l'economia influisce sulle nostre scelte professionali e sul nostro benessere. Credo fermamente nel potere dell'informazione e nella sua capacità di generare cambiamento, e mi impegno a raccontare storie che possano ispirare e informare i lettori. Quando non scrivo, mi piace esplorare nuovi luoghi e immergermi in culture diverse, sempre in cerca di nuove prospettive.

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