Roma, 8 dicembre 2025 – Roberto Palumbo, primario di nefrologia all’ospedale Sant’Eugenio di Roma, è stato arrestato il 4 dicembre mentre, secondo gli investigatori, stava ricevendo una mazzetta da tremila euro da un imprenditore. L’episodio è avvenuto in pieno giorno, vicino alla sede della Regione Lazio, e ha portato anche all’arresto di Maurizio Terra, imprenditore nel settore delle apparecchiature per la dialisi. L’indagine, guidata dalla procura di Roma, coinvolge dodici persone e riguarda la gestione dei pazienti dializzati nella Asl Roma 2.
Preso sul fatto: lo scambio di denaro in auto
La Squadra Mobile ha ricostruito che il passaggio del denaro è avvenuto dentro l’auto del primario. Gli agenti della Sezione Anticorruzione sono arrivati subito dopo la consegna. Dentro l’auto hanno trovato banconote da 50 e 100 euro, per un totale di tremila euro. Un dettaglio che ha colpito gli investigatori – raccontano fonti vicine all’inchiesta – è la velocità con cui è stato fatto lo scambio, quasi come se fosse una routine.
Dopo l’arresto, la polizia ha sequestrato i cellulari di Palumbo e Terra. Ora li stanno passando al setaccio per cercare messaggi, chiamate o tracce di altri pagamenti sospetti. “Stiamo cercando di ricostruire tutta la rete di rapporti e movimenti di denaro”, ha detto un investigatore. Il gip ha convalidato il fermo: Palumbo è in carcere, Terra ai domiciliari.
Al centro dell’inchiesta: i pazienti dializzati e le cliniche private
La chiave dell’indagine è la gestione dei pazienti in dialisi dimessi dagli ospedali pubblici e indirizzati verso cliniche private. Il Sant’Eugenio è un punto di riferimento per le malattie renali nel sud di Roma. Secondo l’accusa, il primario avrebbe usato la sua posizione per indirizzare i pazienti – o persino convincerli – a rivolgersi a strutture private amiche, in cambio di soldi o altri vantaggi.
Le istruzioni, sempre secondo gli inquirenti, sarebbero state date anche al personale del reparto. “Ci sono segnali che fanno pensare a un sistema consolidato”, ha detto una fonte giudiziaria. Questo meccanismo avrebbe garantito alle società private nuovi pazienti e quindi rimborsi pubblici per le prestazioni.
False fatture e società ‘fantasma’ per coprire i soldi
Una parte dei soldi illeciti, sostengono gli investigatori, sarebbe passata attraverso una società “schermo”, formalmente attiva nel campo delle consulenze. Questa società avrebbe emesso false fatture per nascondere la vera natura dei trasferimenti tra l’imprenditore e il primario. Un trucco per rendere più difficile seguire il percorso delle mazzette.
Ora gli inquirenti stanno controllando i conti e i movimenti bancari dei principali indagati. “Vogliamo ricostruire tutta la catena delle responsabilità”, ha spiegato un funzionario della procura. Non si esclude che nei prossimi giorni escano nuovi nomi o altri episodi.
Lo shock tra colleghi e pazienti
L’arresto ha sorpreso tutti al Sant’Eugenio. “Non ci credevo”, ha detto al telefono un medico del reparto nefrologia. “Palumbo era considerato un professionista serio, mai avremmo pensato a una cosa del genere”. Anche tra i pazienti c’è confusione: alcuni hanno chiesto spiegazioni alla direzione, altri preferiscono non parlare.
La direzione dell’ospedale ha annunciato una verifica interna e si è detta pronta a collaborare con la giustizia. “La tutela dei pazienti è la nostra priorità”, si legge in una nota diffusa la sera del 7 dicembre.
Indagini ancora aperte, nuovi sviluppi possibili
Le indagini vanno avanti senza sosta. Gli investigatori stanno ascoltando personale sanitario e pazienti che potrebbero aver ricevuto indicazioni sospette sulle cliniche private. Per ora non risultano altri medici del Sant’Eugenio coinvolti, ma la situazione è in evoluzione.
Fonti della procura dicono che l’inchiesta potrebbe allargarsi ad altre strutture sanitarie della capitale. Solo nelle prossime settimane si capirà fino a che punto si estende il presunto sistema di corruzione legato alla gestione dei pazienti dializzati nella Asl Roma 2.










