Roma, 28 novembre 2025 – Oltre otto ore di attesa nei pronto soccorso di Roma, più di mezz’ora per un’ambulanza in Calabria: è questa la fotografia della sanità italiana che emerge dall’ultimo report di Agenas, pubblicato in questi giorni. Numeri e disagi che raccontano un Paese a due velocità. Da un lato eccellenze, dall’altro ritardi pesanti, con differenze nette tra Nord e Sud che incidono direttamente sulla vita di chi ha bisogno di cure.
Calabria fanalino di coda: ambulanze troppo lente
Il dato più allarmante arriva dalla provincia di Vibo Valentia. Qui, per un’ambulanza in codice rosso, si aspetta in media più di 35 minuti. Un tempo che, come spiega un operatore del 118, “può decidere tra la vita e la morte”. Nel resto della Calabria si viaggia intorno ai 30 minuti, mentre a Oristano si scende a 26 e a Messina a 25 minuti. Ma sono cifre che restano comunque ben sopra il limite di 18 minuti fissato dal Ministero della Salute.
Il Nord presenta un quadro molto diverso. In Friuli Venezia Giulia, l’Asl Giuliano Isontina registra un’attesa media di soli 12 minuti. Seguono Piacenza, Chiavari, Reggio Emilia, Parma e Genova, tutte intorno ai 13 minuti. “Qui il sistema funziona perché c’è una rete capillare e investimenti continui”, spiega un dirigente sanitario emiliano.
Pronto soccorso, tempi d’attesa insostenibili
Nei pronto soccorso delle grandi città la situazione resta difficile. A Tor Vergata, a Roma, un paziente su quattro aspetta almeno otto ore prima di essere visitato. Al Sant’Andrea, sempre nella Capitale, la percentuale è del 23%. Numeri simili si vedono anche a Cagliari, negli ospedali Giaccone e Cervello di Palermo e al Cardarelli di Napoli.
Non mancano però eccezioni positive. Al San Carlo di Potenza solo l’1% dei pazienti attende oltre otto ore; a Padova la percentuale è del 2,9%. “Abbiamo ridotto i tempi grazie a una riorganizzazione interna”, racconta un medico del pronto soccorso padovano.
Le attese lunghe spingono molti pazienti ad andarsene prima della visita. Al Cervello di Palermo e al Colli di Napoli uno su quattro abbandona il pronto soccorso. A Tor Vergata la percentuale è del 15%. Al contrario, al Santa Maria di Trapani gli abbandoni sono solo lo 0,3%. “Cerchiamo sempre di parlare con chi aspetta”, racconta un’infermiera del presidio trapanese.
Interventi oncologici, Nord avanti, Sud in difficoltà
Un capitolo a parte è dedicato agli interventi chirurgici per il tumore al seno. A Pisa il 100% degli interventi avviene entro i 30 giorni previsti. Sopra il 90% anche Modena, Verona, Siena, Padova, Ferrara, Pavia, Catania (Rodolico San Marco e Cannizzaro), Bologna (Sant’Orsola), Firenze (Careggi), Roma (Tor Vergata), Potenza (San Carlo), Palermo (Cervello), Milano (Niguarda) e Cuneo (Santa Croce).
Situazione molto diversa nel Centro-Sud. Al Brotzu di Cagliari solo il 12% degli interventi rispetta i tempi, a Perugia il 13%, ad Ancona il 20%. “I ritardi sono spesso causati dalla mancanza di personale e dalle lunghe liste d’attesa”, ammette un chirurgo umbro.
Operazioni programmabili: dove si rischia di più
Per le operazioni programmabili, la maggior parte delle aziende sanitarie riesce a rispettare le priorità nel 90% dei casi o più. Restano però alcune zone in difficoltà: Cuneo al 12%, Rieti al 14%, Matera al 20%, Torino 3 al 25%. “Ci sono territori dove le risorse sono insufficienti”, spiega un responsabile amministrativo piemontese.
La fotografia della sanità italiana è chiara: forti differenze tra territori. Mentre alcune regioni garantiscono tempi rapidi e servizi di qualità, altre arrancano. Intanto, cresce la richiesta di investimenti e di personale qualificato per colmare il divario tra Nord e Sud.