Modena, 26 novembre 2025 – Taysir Batniji, artista palestinese tra i più conosciuti della diaspora, arriva a Modena con una riflessione profonda sull’esilio e sulla memoria. La mostra “Abitare il tempo” ha aperto il 21 novembre alla Palazzina dei Giardini Ducali e sarà visitabile fino al 15 febbraio. Un percorso fatto di opere che intrecciano fatti attuali e vissuto personale, in un dialogo costante tra la storia collettiva della Palestina e la sfera privata dell’artista, nato a Gaza e da anni residente in Francia.
Un diritto fragile come il sapone
Al centro della mostra c’è un’opera che colpisce per il suo valore simbolico: l’articolo 13 della Dichiarazione universale dei diritti umani – quello che garantisce la libertà di movimento e la scelta del luogo dove vivere – non è inciso su una lastra o una targa, ma composto da saponette di Marsiglia, messe in fila come mattoni. “Parole destinate a sciogliersi”, osserva De Luigi, “come se ci si potesse lavare le mani di quei diritti”. È un’amara ironia quella di Batniji, che spinge a riflettere sulla fragilità delle garanzie fondamentali, soprattutto per chi è costretto a vivere lontano dalla propria terra.
Chiavi di vetro e case perdute
Tra le opere più suggestive c’è un mazzo di chiavi in vetro, fragile e trasparente. Sono le chiavi di una casa a Gaza che l’artista non ha mai potuto rivedere e che oggi non esiste più. “Le chiavi sono un simbolo ricorrente nella memoria palestinese”, ha raccontato Batniji ai curatori. “Rappresentano il diritto al ritorno, ma anche la perdita”. In mostra c’è anche una clessidra appoggiata su un lato: la sabbia non scorre, il tempo sembra fermo, sospeso in un’attesa fragile. Un’immagine che racconta l’immobilità forzata di chi vive l’esilio.
Fotografie tra memoria e ironia
Le pareti della Palazzina dei Giardini sono invase da centinaia di fotografie di chiavi, ognuna con una breve descrizione. Sono le tracce di case abbandonate a causa dei bombardamenti. In un’altra serie, Batniji fotografa ruderi di abitazioni usando il linguaggio degli annunci immobiliari: “Appartamento luminoso con vista”, si legge sotto la foto di un edificio sventrato. Un corto circuito che mostra l’assurdità della guerra e la distanza tra realtà e rappresentazione.
L’attualità che entra nell’arte
Non manca un richiamo diretto agli eventi più recenti: un dipinto realizzato negli ultimi mesi evoca – con contorni sfocati – le immagini della popolazione palestinese cacciata dall’esercito israeliano. “Abitare il tempo”, spiega De Luigi, “è la risposta di Batniji all’impossibilità di abitare lo spazio”. Questa mostra è la prima retrospettiva italiana dedicata all’artista e offre uno sguardo intenso su temi come l’identità negata, il diritto al ritorno e la memoria collettiva.
Una storia universale, radicata nella Palestina
“Batniji cerca un linguaggio artistico universale”, sottolinea De Luigi, “ma non si stacca mai dalla storia palestinese, vista però con uno sguardo intimo e personale”. Le sue opere parlano di diritti fragili, di case perdute e di attese senza tempo. Eppure, tra le sale della Palazzina dei Giardini, si avverte anche la voglia di non lasciare che tutto cada nell’oblio. Una mostra che invita a riflettere sul vero significato di abitare, oggi più che mai.
La mostra è aperta dal martedì alla domenica, dalle 10 alle 19. L’ingresso è gratuito. Per informazioni: Fondazione Ago Modena Fabbriche Culturali.