Crotone, 24 novembre 2025 – Ieri a Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone, una donna di 42 anni è stata arrestata dopo una lunga indagine che ha portato alla luce orribili abusi sessuali e maltrattamenti nei confronti dei suoi figli minori. La donna, già condannata in via definitiva a 8 anni di carcere, è stata portata nel carcere di Crotone per scontare la pena. Una vicenda che ha scosso profondamente la comunità locale e si è chiusa con l’esecuzione dell’ordine di carcerazione emesso dalla Procura.
Gli abusi raccontati dai figli, la svolta nelle indagini
Gli inquirenti hanno ricostruito una storia iniziata anni fa. I figli, ancora piccoli all’epoca, avevano confidato le loro paure e i dettagli degli abusi durante alcuni colloqui con i servizi sociali del territorio. Quei racconti, definiti “difficili e frammentati” dagli operatori, hanno fatto scattare le prime segnalazioni. Gli investigatori hanno raccolto testimonianze, referti medici e riscontri sul posto, riuscendo a mettere insieme un quadro chiaro delle violenze subite.
La donna, secondo la sentenza passata in giudicato, avrebbe costretto i figli a subire atti sessuali ripetuti, tutto dentro la loro casa. Un ambiente dominato da paura e oppressione. I bambini, come hanno stabilito i giudici, obbedivano per timore di punizioni peggiori.
Dalle accuse alla condanna, l’arresto senza resistenza
La sentenza, che ha condannato la donna per violenza sessuale su minori e maltrattamenti in famiglia, è arrivata dopo un processo lungo diversi anni. La difesa ha cercato di mettere in dubbio le accuse, ma prove e testimonianze hanno convinto i giudici. “Non potevamo più vivere così”, ha raccontato uno dei figli in un’audizione protetta.
Ieri mattina gli agenti della Squadra Mobile di Crotone hanno eseguito l’arresto. La donna si trovava ancora a casa sua, a Isola Capo Rizzuto, e non ha opposto resistenza. Dopo le formalità è stata portata nel carcere della città.
La comunità sotto choc, i segnali ignorati
La notizia ha lasciato sgomenti i residenti del piccolo paese calabrese. Qualcuno, come una vicina di casa, ha detto: “Sembrava una famiglia come tante, non avremmo mai immaginato”. Ma gli operatori sociali sottolineano che segnali di disagio c’erano eccome: assenze scolastiche ingiustificate, atteggiamenti chiusi, difficoltà a relazionarsi.
Proprio i servizi sociali locali hanno giocato un ruolo chiave nell’avviare le indagini. “Abbiamo ascoltato i bambini con pazienza, cercando di capire cosa stava succedendo”, ha spiegato una delle assistenti sociali coinvolte. Solo dopo diversi incontri i piccoli hanno trovato il coraggio di raccontare cosa accadeva in casa.
Giustizia lenta ma necessaria
Il procedimento è stato lungo e complesso, con perizie psicologiche, audizioni protette e consulenze tecniche. Gli esperti nominati dal tribunale hanno confermato la veridicità dei racconti e la gravità delle ferite psicologiche. “Sono storie che segnano per tutta la vita”, ha ammesso uno degli psicologi forensi.
La donna non ha mai ammesso le sue colpe. Durante il processo si è sempre dichiarata innocente, sostenendo che le accuse fossero fraintendimenti o esagerazioni. Ma la corte ha ritenuto le prove “gravi, precise e concordanti”.
Il futuro dei bambini e l’importanza della rete di protezione
I figli sono stati affidati da tempo a una struttura protetta. Seguiti da psicologi e assistenti sociali, stanno affrontando un percorso difficile ma indispensabile. “Ci vorrà tempo – dice un operatore – ma lavoriamo perché possano tornare a vivere con serenità”.
Questo caso riporta sotto i riflettori l’urgenza di rafforzare i controlli e l’aiuto alle famiglie in difficoltà. A Isola Capo Rizzuto, come in tanti altri piccoli centri, i servizi sociali sono spesso l’unico scudo contro gli abusi. Una storia che lascia molte domande aperte e un monito chiaro: non si deve mai abbassare la guardia quando si tratta di proteggere i più fragili.