Roma, 23 novembre 2025 – Un audio pubblicato da Report ha acceso i riflettori sul Garante della Privacy, coinvolgendo in prima persona l’ex segretario generale Angelo Fanizza e l’intero collegio dell’Autorità. La registrazione, diffusa dalla trasmissione Rai condotta da Sigfrido Ranucci, risale a una riunione interna di pochi giorni prima delle dimissioni di Fanizza. In quell’occasione, l’ex segretario ha detto chiaramente: «Io non mi muovo come battitore libero. Il collegio mi ha responsabilizzato di avviare delle responsabilità di discovery». Una frase che, secondo molti, contraddice la versione ufficiale data dal collegio dopo l’uscita di Fanizza.
Fanizza lascia, il collegio sotto accusa
La vicenda si è mossa rapidamente. Fanizza, figura chiave dell’Autorità dal 2022, si è dimesso il 20 novembre, a poche ore dalla diffusione di dettagli su una richiesta interna – definita “pesca a strascico” – per analizzare i dati dei dipendenti e scoprire chi aveva fatto trapelare informazioni alla stampa. Secondo quanto riportato da Wired il 21 novembre, Fanizza aveva chiesto di accedere a email, accessi VPN e log che risalgono addirittura al 2001. Una richiesta che il dirigente Cosimo Comella ha bloccato, definendola “gravemente illecito”.
Il 13 novembre, durante una riunione, Fanizza avrebbe informato verbalmente il collegio della sua iniziativa. Fonti interne e Wired raccontano che il collegio ha subito censurato la mossa, interrompendolo e sottolineando come la richiesta fosse “sproporzionata e illecita”. Guido Scorza, membro del collegio, avrebbe addirittura definito l’azione “illecita quanto quelle che normalmente sanzioniamo”.
Tensione in piazza Venezia: i dipendenti chiedono chiarezza
Da settimane, l’atmosfera dentro la sede di piazza Venezia è tesa. Dopo le inchieste di Report su possibili conflitti d’interesse tra i membri del collegio, sono arrivate richieste politiche per un cambio ai vertici. Eppure, a lasciare è stato solo Fanizza. Il 21 novembre, durante un’assemblea, i dipendenti hanno chiesto le dimissioni di tutto il collegio. «Serve trasparenza – ha detto un funzionario che ha preferito non farsi nominare – Non possiamo permettere che l’Autorità perda credibilità proprio su quello che dovrebbe difendere: la privacy».
La replica di Ghiglia: nessuna contraddizione
Agostino Ghiglia, membro del collegio, ha risposto alle accuse con una nota all’ANSA: «Il collegio ha dato mandato a Fanizza di indagare internamente per capire se ci fossero responsabilità sulla fuga di dati, ma sempre con metodi leciti e legali». Ghiglia ha negato che ci siano contraddizioni tra la versione ufficiale e quanto si sente nell’audio: «Report vuole forzare la verità». Sulle dimissioni di Fanizza, Ghiglia ha spiegato: «Si è dimesso perché ha commesso un errore grave, inviando una lettera con richieste di cui il collegio non era a conoscenza, e che violavano proprio la privacy che siamo chiamati a difendere».
Indagini interne e punti ancora oscuri
Da quanto ricostruito da Report e Wired, la richiesta di Fanizza sarebbe stata fermata prima di essere messa in pratica. Ma nell’audio l’ex segretario insiste: «Si è parlato, non si è deciso, se fosse il caso di coinvolgere un’istituzione come la magistratura o una società privata. E sfido chiunque a dire che io non mi sia opposto con forza alla possibilità che un privato potesse avere accesso a certi dati».
Il collegio non ha preso provvedimenti immediati contro Fanizza dopo la censura interna. Le sue dimissioni sono arrivate solo la sera del 20 novembre. In assemblea, Ghiglia ha detto che “quasi tutto” il collegio ha condannato il suo operato.
Un’Autorità sotto pressione e con l’immagine a rischio
Questa vicenda mette a nudo le difficoltà dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali in un momento delicato. Nei corridoi di piazza Venezia si respira un clima di attesa e preoccupazione. I dipendenti chiedono risposte, i vertici si difendono. Mentre le indagini continuano, resta aperto il grande nodo della fiducia in quell’istituzione chiamata a proteggere la privacy degli italiani.