Catania, 22 novembre 2025 – Settantaquattro persone sono finite sotto inchiesta a Catania per un vasto giro di traffico di beni archeologici che, secondo la Procura, supera i confini nazionali. Su 74 indagati, per 55 sono state chieste misure cautelari: dodici rischiano il carcere, trentacinque gli arresti domiciliari, mentre otto devono presentarsi regolarmente alla polizia giudiziaria. Gli interrogatori davanti al gip Simona Ragazzi sono fissati tra il 25 e il 29 novembre.
Un giro internazionale di beni rubati
Da quanto trapela dagli ambienti giudiziari, la rete scoperta dagli investigatori si estende anche all’estero. L’inchiesta, partita mesi fa, ha coinvolto decine di agenti della polizia giudiziaria e della Guardia di Finanza. Gli inquirenti hanno ricostruito una filiera complessa: si parte dagli scavi clandestini nelle campagne siciliane e si arriva alla vendita dei reperti a collezionisti stranieri. “Abbiamo trovato un’organizzazione ben strutturata, con ruoli precisi”, spiega una fonte vicina al caso.
Chi faceva cosa: i ruoli nell’organizzazione
Secondo la Procura, gli indagati hanno preso parte, ciascuno con compiti diversi, all’intera catena del traffico illecito di reperti archeologici. Alcuni sono accusati di associazione a delinquere finalizzata a reati contro il patrimonio e la cultura. In pratica, ci sarebbero soggetti che si occupavano degli scavi abusivi, altri che trasportavano e vendevano i beni, e altri ancora che riciclavano e esportavano i reperti fuori dall’Italia. “È un fenomeno che svuota il nostro patrimonio culturale”, sottolinea un magistrato.
Le misure chieste dalla Procura
Nei giorni scorsi sono state formalizzate le richieste di misure restrittive. Dodici persone rischiano il carcere, trentacinque gli arresti domiciliari, mentre otto dovranno presentarsi regolarmente alla polizia giudiziaria. Il giudice per le indagini preliminari, Simona Ragazzi, ha già fissato gli interrogatori dal 25 al 29 novembre. Gli avvocati degli indagati stanno preparando le difese in vista dei colloqui con il giudice.
Conferme e dettagli dagli ambienti giudiziari
La notizia, anticipata dal sito Livesicilia, è stata confermata da fonti giudiziarie a Catania. Non si conoscono ancora i nomi degli indagati né la provenienza precisa dei reperti sequestrati, ma si parla di oggetti di grande valore storico: vasi antichi, monete, statuette e frammenti architettonici di varie epoche. “Le indagini sono aperte – spiega una fonte investigativa – e nei prossimi giorni potrebbero emergere nuovi sviluppi”.
Un problema radicato e difficile da fermare
Il traffico illecito di beni archeologici è da anni una piaga per la Sicilia e l’Italia. Secondo il Ministero della Cultura, ogni anno spariscono centinaia di reperti dalle aree archeologiche meno conosciute, spesso finendo sul mercato nero internazionale. Le inchieste come questa vogliono colpire non solo i “tombaroli”, ma anche chi fa da tramite e i compratori finali. “Solo lavorando insieme si può fermare questo fenomeno”, ammette un funzionario della Soprintendenza ai Beni Culturali.
Cosa succederà adesso
Nei prossimi giorni si terranno gli interrogatori davanti al gip Ragazzi. Gli investigatori vogliono chiarire i ruoli di ciascun indagato e ricostruire la rete internazionale di contatti. Non si esclude che dalle audizioni possano uscire nuovi elementi per allargare le indagini. La Procura, intanto, resta molto riservata sul caso.
Questa vicenda mostra quanto sia ancora forte la minaccia del traffico illecito di beni culturali: un fenomeno che ruba la memoria e l’identità ai territori, alimentando reti criminali sempre più complesse e difficili da smantellare.