Roma, 21 novembre 2025 – Il gruppo Facebook “Mia Moglie”, finito sotto la lente della Procura di Roma per la diffusione illegale di immagini intime, era gestito da una donna. A rivelarlo sono gli ultimi accertamenti della Polizia Postale, che hanno colto di sorpresa anche gli investigatori. La donna, secondo quanto emerso, coordinava la pubblicazione e la moderazione dei contenuti insieme a un uomo, suo presunto collaboratore. Entrambi ora sono indagati per aver facilitato la circolazione di foto e video a sfondo sessuale senza il consenso delle persone ritratte.
Indagine partita ad agosto: migliaia di iscritti e immagini rubate
Tutto è iniziato il 19 agosto scorso, quando alcune vittime hanno segnalato il gruppo alla polizia. In poche settimane, “Mia Moglie” ha raccolto oltre 32 mila iscritti – per lo più uomini – che condividevano immagini delle proprie mogli, compagne o parenti, spesso scattate di nascosto. Le foto venivano pubblicate senza che le donne lo sapessero: in casa, in spiaggia, persino al supermercato. Alcune vittime hanno riconosciuto i propri volti e si sono rivolte alle forze dell’ordine.
Gli investigatori raccontano che tra gli iscritti c’erano persone di ogni tipo: ex politici, militari, lavoratori dipendenti e disoccupati. In un post, un utente presentava la moglie come “uno spettacolo della natura”, vantandosi delle proprie fantasie davanti agli altri membri. Un clima di complicità e voyeurismo che ha fatto crescere il gruppo fino alla sua chiusura forzata.
Gestione nascosta: cellulari anonimi e sim intestate a terzi
La vera sorpresa è arrivata con l’identificazione degli amministratori. La donna – il cui nome non è stato ancora reso noto – e il suo collaboratore uomo avrebbero usato cellulari intestati ad altre persone e sim card anonime per rendere più difficile la loro identificazione. Gli investigatori hanno ricostruito tutto grazie all’analisi dei dati informatici e alle tracce lasciate sui social.
“Abbiamo trovato una precisa strategia per nascondere le vere identità”, ha spiegato una fonte della Polizia Postale. “L’uso di dispositivi non direttamente collegati agli indagati ha rappresentato uno dei principali ostacoli”. Nonostante questo, le indagini hanno portato all’individuazione dei due amministratori, ora al centro del fascicolo aperto dalla Procura per diffusione illecita di materiale sessualmente esplicito.
Il gruppo chiuso e subito riaperto
Dopo la prima chiusura, su segnalazione della polizia, il gruppo è stato subito rimpiazzato da una nuova pagina con un nome molto simile: “Mia Moglie 2”. Anche qui, in poche ore, sono arrivati migliaia di nuovi iscritti. Il fenomeno si è spostato rapidamente su altre piattaforme, come Telegram, complicando il lavoro degli investigatori.
Le vittime raccontano di aver scoperto le immagini per caso o grazie a segnalazioni di amici. “Non sapevo nulla, poi una collega mi ha mandato uno screenshot”, ha raccontato una delle donne coinvolte. “Mi sono sentita tradita e umiliata”.
Sequestrati Phica.net e Phica.eu, siti collegati
Parallelamente all’inchiesta su Facebook, a settembre la Polizia Postale ha sequestrato i siti Phica.net e Phica.eu, considerati dalle autorità piattaforme gemelle dove venivano condivise immagini simili. Gli agenti hanno perquisito la casa dell’amministratore, Vittorio Vitiello, nell’ambito di un’indagine ancora a carico di ignoti per diffusione illecita di immagini.
Secondo le prime ricostruzioni, i siti permettevano agli utenti di caricare foto e video senza alcun controllo sul consenso delle persone ritratte. Le indagini continuano per scovare altri responsabili e ricostruire la rete di condivisione che ha alimentato la diffusione di questi contenuti.
Le autorità: serve più tutela e consapevolezza
La vicenda ha riacceso il dibattito sulla tutela della privacy online e sulla necessità di strumenti più efficaci contro la diffusione non autorizzata di immagini intime. “Serve più consapevolezza dei rischi”, ha sottolineato un portavoce della Polizia Postale. Intanto, la Procura sta valutando nuove misure cautelari per gli indagati.
Il caso “Mia Moglie” resta aperto: l’obiettivo ora è individuare tutti i partecipanti alla catena di condivisione e assicurare giustizia alle vittime. Nel frattempo, cresce l’attenzione sulle responsabilità delle piattaforme social nel prevenire questo tipo di fenomeni.