Verona, 19 novembre 2025 – A Verona, una ragazza ha trovato il coraggio di mettere nero su bianco, in un tema scolastico, la molestia subita a 13 anni da parte del suo istruttore di equitazione. Quel racconto, letto dalle insegnanti in classe, ha portato alla luce un segreto custodito per anni. Ieri mattina, al tribunale di Verona, è arrivata la sentenza: l’uomo, 54 anni, è stato condannato a due anni e otto mesi di carcere per violenza sessuale, aggravata dal fatto che la vittima era minorenne.
Il tema che ha fatto scattare la denuncia
Tutto è cominciato con un compito in classe, assegnato in un liceo della città. La ragazza, oggi 19enne, ha scritto del fatto accaduto nel 2019, quando aveva appena compiuto 13 anni. Secondo le indagini, tra settembre e novembre di quell’anno, l’istruttore si sarebbe avvicinato a lei mentre erano soli nelle scuderie di un maneggio della provincia. Avrebbe cercato di baciarla, palpeggiandola al seno e a una coscia, tentando anche di toccarle le parti intime. “Mi sono sentita bloccata, non sapevo cosa fare”, ha raccontato la giovane nel suo tema.
Le insegnanti, leggendo quelle parole, hanno subito capito che c’era qualcosa di grave. Hanno avvisato la famiglia e, solo allora, è partita la denuncia ai carabinieri. Da quel momento, il caso è passato alla procura di Verona: il sostituto procuratore Chiara Bisso ha aperto un fascicolo per violenza sessuale aggravata.
Processo e sentenza: la giustizia fa il suo corso
Durante l’udienza preliminare, la ragazza ha deciso di costituirsi parte civile. L’uomo, difeso dagli avvocati Fabio Campese e Vincenzo Stante, ha versato un risarcimento di 15 mila euro alla vittima e ha chiesto il rito abbreviato, che prevede uno sconto di pena in caso di condanna. Lunedì mattina, la giudice Arianna Busato ha emesso la sentenza: due anni e otto mesi di reclusione e il divieto di insegnare equitazione per lo stesso periodo.
In aula è emerso che l’istruttore avrebbe anche chiesto alla ragazzina di avere rapporti sessuali. Un dettaglio che ha pesato nella valutazione della gravità del caso. “Non riuscivo a parlarne con nessuno”, ha confessato la giovane davanti ai giudici. Solo scrivendo è riuscita a rompere il silenzio.
Reazioni nella comunità e la difesa dell’imputato
La vicenda ha scosso la comunità scolastica di Verona e il mondo dell’equitazione locale. Nel piccolo maneggio, nessuno si aspettava un’accusa del genere. “Non avevamo mai notato nulla di strano”, hanno detto alcune persone che frequentano la struttura. Eppure, secondo gli investigatori, l’episodio è avvenuto proprio lì, lontano da occhi indiscreti.
L’istruttore, senza precedenti penali, ha sempre negato ogni accusa durante le indagini. I suoi legali hanno già annunciato ricorso in appello. La famiglia della ragazza, invece, ha scelto di non rilasciare dichiarazioni dopo la sentenza.
Scuola e parola scritta: un ruolo decisivo
Questa storia mette in evidenza quanto sia importante la scuola nell’ascoltare i segnali di disagio degli studenti. “Abbiamo fatto solo quello che dovevamo fare”, ha detto una delle insegnanti coinvolte. Quel tema è stato la chiave per portare alla luce una verità che rischiava di restare nascosta.
Secondo il Ministero dell’Istruzione, crescono i casi in cui gli insegnanti aiutano a far emergere episodi di molestie. Qui, la parola scritta su un foglio ha permesso alla giustizia di intervenire.
La sentenza del tribunale di Verona chiude un capitolo difficile per la giovane vittima. Un percorso che è partito tra i banchi di scuola e si è concluso, almeno sul piano giudiziario, con una condanna che rappresenta un passo avanti nella tutela dei minori dagli abusi.