Milano, 17 novembre 2025 – Giulia B., trent’anni, studentessa di Criminologia e Comunicazione, vive in un piccolo bilocale nascosto tra i cortili di Paolo Sarpi, nel cuore di Milano. Da due anni ha scelto di lavorare come sex worker per sostenersi negli studi e garantirsi una stabilità economica che altrove sembrava un miraggio. Una scelta nata quasi per caso, come racconta lei stessa, ma che oggi è diventata una routine ben organizzata. “Prima facevo la cameriera, poi lavoravo in un ristorante, poi in un negozio. Mi pagavano 7 euro l’ora, spesso senza contratto. Adesso guadagno 400 euro a incontro e posso permettermi quello che voglio”, dice Giulia, seduta al tavolo della cucina, tra libri universitari e tazze di caffè.
Da lavori precari a una scelta di autonomia
Il passaggio dal lavoro “normale” a quello di escort non è stato immediato. Giulia ricorda le lunghe ore dietro il bancone, i turni infiniti e la fatica di arrivare a fine mese. “Non era solo una questione di soldi”, spiega. “Volevo indipendenza, decidere come gestire il mio tempo e la mia vita”. La svolta è arrivata quasi per gioco, navigando su alcuni siti specializzati. Da lì, la decisione di provare: “Decido io cosa offrire e quanto chiedere, in base a quello che voglio comprare”, dice con una calma che sorprende. Per lei, il lavoro da sex worker significa soprattutto avere il controllo. “L’amore non c’entra, conta il controllo”.
Clienti scelti e regole precise
I clienti di Giulia arrivano quasi sempre da siti dedicati. Nessun incontro improvvisato: prima c’è una lunga telefonata, una specie di selezione. “Li voglio educati, con i soldi, spesso giovani professionisti”, racconta. Gli appuntamenti si svolgono nel suo appartamento o in Airbnb di alto livello, sempre a Milano. Pochi clienti alla volta, mai più di due o tre nello stesso periodo. “Preferisco che siano clienti abituali. Si crea una specie di rapporto, anche se tutto resta sotto controllo”. Milano, spiega Giulia, “è una città dove tutto può essere accettato e gestito, anche quello che altrove sarebbe solo motivo di vergogna”.
Rituali e confini: come si prepara un incontro
Ogni dettaglio è studiato. Gli incontri cominciano con una telefonata per accordarsi su tempi, modalità e limiti. “Prima di entrare mi danno la busta, a volte con un fiore”, confida Giulia. Un gesto che segna l’inizio del tempo condiviso: “Non è affetto, ma non è neanche solo una transazione”. Alcuni clienti vogliono cene, messaggi, piccoli viaggi; altri preferiscono la massima discrezione. In ogni caso, le regole sono chiare e condivise da entrambi.
La doppia vita: università di giorno, lavoro di sera
Di giorno Giulia frequenta l’università. I suoi compagni la vedono come una ragazza riservata, sempre presente agli esami. Pochi sanno della sua seconda vita. “Non lo racconto a tutti”, ammette. “Non perché me ne vergogni, ma perché so che non tutti capirebbero”. La sera, invece, il suo bilocale si trasforma: luci soffuse, ordine impeccabile, tutto pronto ad accogliere i clienti selezionati.
Sex work e il dibattito sulla stabilità
Il tema del sex work divide ancora l’opinione pubblica italiana. Secondo l’ultimo rapporto Istat sul lavoro giovanile a Milano, più del 30% degli under 35 ha più di un lavoro per pagarsi gli studi o l’affitto. Giulia difende la sua scelta: “Non mi sento sfruttata. Ho trovato un modo per essere autonoma e pagarmi l’università”. Ma riconosce i rischi: “Serve organizzazione, attenzione ai dettagli e soprattutto saper dire no”.
Una normalità tutta da scoprire
Per Giulia B., la normalità ha un volto diverso rispetto a quello dei suoi coetanei. La sua storia, fatta di scelte fuori dal coro e di voglia di autonomia, racconta una Milano dove il confine tra necessità e opportunità diventa sempre più sottile. “Qui puoi essere chi vuoi”, conclude. “Basta sapere cosa vuoi davvero”.