Trento, 8 novembre 2025 – Il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, dovrà andare a processo per l’abbattimento dell’orso M90, avvenuto il 6 febbraio 2024 nei boschi della Val di Sole. La decisione è arrivata ieri dal giudice per le indagini preliminari, Gianmarco Giua, che ha respinto la richiesta di archiviazione della procura, ritenendo che ci siano abbastanza elementi per aprire un procedimento nei confronti di Fugatti con l’accusa di uccisione di animale con crudeltà. La notizia, diffusa dall’Enpa – Ente nazionale protezione animali – ha scatenato subito reazioni forti, soprattutto tra le associazioni animaliste, che parlano di un “momento storico”.
M90, l’orso ucciso: cosa è successo davvero
Secondo quanto ricostruito dall’Enpa e da altre associazioni, l’orso M90 – soprannominato “Sonny” dagli attivisti – aveva circa due anni e mezzo ed era dotato di radiocollare. Nei giorni prima dell’abbattimento, l’animale aveva seguito una coppia di escursionisti per circa 700 metri su un sentiero vicino a Mezzana, in Val di Sole. Un comportamento che gli animalisti definiscono “non aggressivo”, mentre le autorità provinciali lo giudicavano pericoloso.
Il 6 febbraio, su ordine della Provincia, è stato eseguito il decreto per la rimozione dell’orso. L’Enpa ha denunciato che “M90 non è stato narcotizzato prima dell’uccisione, nonostante fosse facilmente localizzabile grazie al radiocollare”. Dall’autopsia, contenuta negli atti, emerge che l’orso è stato colpito da tre colpi di arma da fuoco, due dei quali non lo hanno ucciso subito. “È morto dissanguato, per un’emorragia interna, dopo una lunga agonia”, si legge nel documento. Durante l’operazione non era presente alcun veterinario, contravvenendo alle indicazioni del protocollo Pacobace (Piano d’Azione per la conservazione dell’Orso bruno sulle Alpi centro-orientali).
Fugatti e altri due funzionari a processo
Il giudice Giua ha dato ragione agli animalisti e ha disposto l’imputazione coatta per Fugatti: ora la procura ha dieci giorni per formalizzare l’accusa. Nel registro degli indagati sono finiti anche Raffaele De Col, capo del Corpo forestale trentino, e Giovanni Giovannini, dirigente del Servizio foreste e fauna della Provincia. Per le associazioni, questa decisione segna un precedente importante nella gestione dei grandi carnivori sulle Alpi.
“Abbiamo sempre detto che l’uccisione di M90 è stata fatta violando le regole e in modo crudele”, ha commentato Carla Rocchi, presidente nazionale Enpa. “Adesso finalmente si farà chiarezza in tribunale”. Gli attivisti hanno organizzato un presidio davanti al tribunale di Trento già dalle prime ore del mattino, con striscioni e cartelli: “Giustizia per Sonny” era uno dei messaggi più visibili.
La difesa di Fugatti: “Decisione legittima”
Dal canto suo, Fugatti ha preso atto della decisione e ha confermato la volontà di difendere le proprie scelte in tribunale. “Il decreto di rimozione è stato preso nel pieno rispetto della legge, basandoci su elementi tecnici e sulle competenze della Provincia”, ha detto in una nota ufficiale. “L’obiettivo era tutelare la sicurezza delle persone e del territorio”.
Fonti vicine alla giunta provinciale ricordano che la presenza degli orsi in Trentino crea da anni tensioni tra istituzioni e associazioni animaliste. Nel 2023, secondo i dati ufficiali, sono stati segnalati oltre 150 avvistamenti di orsi in zone frequentate da residenti e turisti. “Non è una guerra ideologica”, spiega un funzionario, “ma serve trovare un equilibrio tra protezione della fauna e sicurezza dei cittadini”.
Il dibattito si riaccende: come gestire i grandi carnivori?
La decisione del giudice ha riaperto il dibattito a livello nazionale sulla gestione degli orsi nelle Alpi centro-orientali. Da una parte le associazioni animaliste esultano: “Un passo avanti per la tutela degli animali selvatici”. Dall’altra, amministratori locali e rappresentanti delle categorie economiche chiedono regole più chiare e strumenti efficaci per evitare incidenti.
Il processo a carico di Fugatti, che potrebbe partire già nei primi mesi del 2026, sarà seguito con grande attenzione sia dagli esperti sia dall’opinione pubblica. In gioco non c’è solo la responsabilità penale per la morte di M90, ma anche il futuro delle politiche di convivenza tra uomo e grandi predatori nelle montagne alpine.