Torino, 8 novembre 2025 – Tre giorni fa Michele Nicastri, 42 anni, ha ammesso di aver ucciso Marco Veronese, imprenditore di 45 anni, accoltellato nella notte tra il 22 e il 23 ottobre in via Sabotino a Collegno, alle porte di Torino. Secondo gli investigatori, Nicastri avrebbe agito per questioni legate all’affidamento dei figli che Veronese condivideva con l’ex compagna Valentina, ora legata proprio a Nicastri. Gli ultimi dettagli dell’indagine hanno permesso ai giudici di ricostruire il quadro accusatorio: oltre alla confessione, a incastrare l’uomo sono state più di 3.000 telefonate fatte dal suo cellulare verso la donna negli ultimi due anni.
Il filo delle telefonate che ha stretto la morsa
La sera dell’omicidio, le telecamere di sorveglianza in via Sabotino hanno ripreso il passaggio di un furgone bianco, guidato da un uomo con il volto coperto. I carabinieri di Rivoli hanno seguito il percorso del mezzo grazie alle immagini, tracciando i suoi spostamenti nella periferia ovest di Torino. Quando il furgone è sparito dai radar, gli investigatori hanno pensato che fosse stato nascosto in un garage vicino.
A quel punto sono entrati in gioco i tabulati telefonici: dall’analisi delle celle agganciate in zona, sono saltate fuori ben 3.059 chiamate dirette a Valentina, ex di Veronese. Il numero era intestato a Nicastri. “Un dato che non potevamo ignorare”, ha detto una fonte che segue da vicino l’indagine. Così, il 3 novembre i carabinieri hanno fermato Nicastri, che poche ore dopo ha confessato.
La versione di Nicastri: un chiarimento finito in tragedia
Di fronte agli inquirenti, Nicastri ha raccontato di aver raggiunto Veronese per parlare di questioni legate ai figli. “Volevo solo parlare”, avrebbe detto durante l’interrogatorio. Ma le cose sono precipitate in fretta. Secondo gli investigatori, tra i due è scoppiata una lite violenta, che si è trasformata nell’aggressione fatale.
Ieri, durante l’udienza di convalida del fermo al tribunale di Torino, Nicastri ha espresso “dispiacere per quanto accaduto”, dicono fonti giudiziarie. La difesa ha ribadito che non c’era l’intenzione di uccidere: “Non voleva togliere la vita a Veronese”, ha spiegato l’avvocato. Ma la procura contesta l’omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai motivi futili.
Le prove e la decisione: carcere per Nicastri
Oltre alla confessione, le prove raccolte – soprattutto le migliaia di chiamate e i movimenti del furgone – hanno rafforzato l’accusa. Il giudice per le indagini preliminari ha disposto la custodia cautelare in carcere per Nicastri, accogliendo la richiesta della procura di Torino.
Dai documenti emerge che le chiamate insistenti sono un segno della pressione psicologica che Nicastri esercitava sulla coppia. “Un comportamento che lascia pochi dubbi sulla premeditazione”, ha spiegato una fonte investigativa.
La città sotto choc e il silenzio di Valentina
La vicenda ha scosso profondamente Collegno. In via Sabotino, dove è avvenuto il delitto poco dopo le 23 del 22 ottobre, residenti e commercianti ricordano ancora il caos di quella notte: sirene, luci blu e il cordone dei carabinieri che ha bloccato la zona fino all’alba.
Valentina, al centro del confronto tra i due uomini, non ha rilasciato dichiarazioni. Chi la conosce racconta che si è chiusa nel silenzio con i figli. “Non si fa più vedere in giro”, dice una vicina. L’atmosfera resta tesa: in molti aspettano ora gli sviluppi dell’inchiesta e le decisioni del tribunale.
Cosa succederà adesso
Nei prossimi giorni saranno ascoltati nuovi testimoni e verranno analizzati ancora i dati presi dai dispositivi sequestrati a Nicastri. Gli inquirenti vogliono capire se ci siano stati altri episodi di minacce o pressioni contro la vittima.
Intanto, la procura punta sull’ipotesi di omicidio volontario aggravato, mentre la difesa prepara la sua strategia per contestare la premeditazione. Un caso che, tra telefonate, drammi familiari e tensioni irrisolte, continua a tenere sotto i riflettori una vicenda che ha segnato profondamente la periferia torinese.