Il Cairo, 7 novembre 2025 – A pochi giorni dall’attesa inaugurazione, il Grande Museo Egizio del Cairo punta a diventare un vero e proprio polo culturale internazionale. A dirlo è stato Ahmed Ghoneim, direttore e Ceo del museo, durante una visita speciale con una delegazione di giornalisti stranieri organizzata ieri nella capitale. “Vogliamo intensificare la collaborazione con musei e centri di ricerca, non solo in Italia ma ovunque nel mondo”, ha spiegato Ghoneim, sottolineando l’impegno a lavorare con restauratori ed egittologi per mettere a disposizione della comunità scientifica globale le risorse del nuovo museo.
La sfida della collaborazione oltre confine e il caso Torino
Il tema della cooperazione internazionale torna al centro dell’attenzione dopo la diffusione, nelle ultime ore, di un post sui social – di origine incerta – che rilancia la richiesta di “restituzione di tutti i reperti egizi sparsi nel mondo”, sollecitando anche l’intervento dell’Unesco. Un richiamo che non è passato inosservato, soprattutto dopo la recente nomina dell’egiziano Khaled el-Enany a capo dell’organizzazione Onu per l’educazione, la scienza e la cultura. Tuttavia, Ghoneim ha chiarito che queste rivendicazioni non coinvolgono direttamente il museo: “Il nostro compito è sostenere la ricerca e la conservazione, non occuparci delle controversie legate alla restituzione dei reperti”, ha precisato.
Lo sguardo si rivolge anche all’Egizio di Torino, uno dei più importanti custodi della storia faraonica fuori dall’Egitto. “Le partnership all’estero sono fondamentali e ci interessano molto”, ha aggiunto Hussein Kemal, responsabile della conservazione del Gem. “Finora non abbiamo stretto rapporti con altri musei, ma speriamo di farlo presto: sarà un vantaggio per tutti.” Un’apertura che lascia intravedere nuovi scenari di collaborazione tra musei, laboratori scientifici e centri di restauro.
Turismo e investimenti: il museo che guarda avanti
Nel frattempo, il Grande Museo Egizio si prepara ad accogliere migliaia di visitatori. Nei corridoi già si vedono gruppi di turisti stranieri e famiglie egiziane, tanti giovani con bandiere e simboli nazionali. L’entusiasmo è palpabile, anche tra chi lavora nel turismo. Ghoneim non nasconde le ambizioni: “Il turismo coprirà le spese di gestione, grazie all’indotto generato dal museo”. La costruzione del Gem è costata circa 1,2 miliardi di dollari, una cifra che difficilmente si recupererà solo con i biglietti. Ma il direttore chiarisce subito: “Gli investimenti sono un capitolo a parte”. I guadagni arrivano anche dagli affitti dei numerosi negozi e ristoranti interni – “forse troppi”, ammette qualche addetto – oltre che dai servizi alberghieri e dalla ristorazione legata al flusso turistico.
Chi ama la tradizione può stare tranquillo: il vecchio Museo Egizio di piazza Tahrir resterà aperto. Una scelta che mantiene vivo il legame con la storia della città e con i tanti appassionati che negli anni hanno visitato quelle sale.
Khaled el-Enany all’Unesco: un ruolo di prestigio per l’Egitto
In questo quadro si inserisce la nomina di Khaled el-Enany a direttore generale dell’Unesco. Cinquantaquattro anni, egittologo ed ex ministro della Cultura e delle Antichità dal 2016 al 2022, è stato scelto con ampia maggioranza dagli Stati membri durante la conferenza generale a Samarcanda. Dal 15 novembre sarà il primo rappresentante di uno Stato arabo – e il secondo africano – a guidare l’Unesco. Una vittoria diplomatica per l’Egitto di Abdel Fattah al-Sisi, che arriva a pochi giorni dall’apertura del museo e rafforza il ruolo del Paese come punto di riferimento globale per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale.
Al Cairo si respira aria di festa. Nei bar intorno a piazza Tahrir si parla delle nuove opportunità per turismo e cultura. “È un momento importante per l’Egitto”, confida un giovane studente in fila davanti al Gem. Mentre gli occhi del mondo restano puntati sulla capitale, il Grande Museo Egizio si prepara a essere non solo una vetrina della storia antica, ma anche un laboratorio aperto al mondo.