Tokyo, 5 novembre 2025 – I principali editori di anime e manga giapponesi hanno chiesto a OpenAI di fermare l’uso non autorizzato delle loro opere per l’addestramento del modello di intelligenza artificiale Sora 2, usato per creare video. La richiesta è arrivata tramite una lettera ufficiale inviata dalla Content Overseas Distribution Association (Coda), che rappresenta nomi di spicco come Aniplex, Studio Ghibli, Square Enix e Shueisha. Il documento, riportato da diversi media statunitensi nelle ultime ore, mette in discussione la tutela del copyright nell’era dell’intelligenza artificiale.
Paura e sospetti dai creatori giapponesi
Nella lettera si legge che i fumettisti e produttori temono che molti dei video generati da Sora 2 somiglino troppo a opere giapponesi già esistenti. “Abbiamo notato – si legge – che diversi video prodotti dal sistema ricordano da vicino lavori protetti dai nostri associati”. Un sospetto che, secondo la Coda, fa pensare all’uso di dati protetti durante l’addestramento dell’algoritmo. In Giappone la legge è chiara: “Per usare opere protette serve il permesso prima di tutto”, sottolineano i rappresentanti dell’associazione. Non ci sono scappatoie o eccezioni che permettano di evitare questa responsabilità.
Il nodo dell’opt-out: perché non basta
Un altro punto caldo è il sistema di “opt-out” proposto da OpenAI. Secondo la Coda, poter dire “no” solo dopo che la violazione è avvenuta non tutela davvero i diritti degli autori. “Opporsi a posteriori – scrivono – non cancella la responsabilità per l’uso già fatto delle opere”. L’associazione chiede quindi non solo lo stop immediato all’uso non autorizzato, ma anche più chiarezza su come vengono scelti i dati con cui si addestra Sora 2. “Vogliamo risposte precise e sincere sulle violazioni di copyright che abbiamo trovato nei video prodotti”, si legge ancora nella lettera.
Un settore in allarme, tra numeri e precedenti
La questione del rispetto del diritto d’autore nell’intelligenza artificiale è sentita forte in Giappone, dove l’industria di anime e manga è un motore economico e culturale. Secondo il Ministero dell’Economia giapponese, nel 2024 il settore ha fatturato più di 20 miliardi di dollari. Non è la prima volta che il tema finisce sotto i riflettori: a marzo scorso, la cosiddetta “Ghibli-mania” aveva invaso i social, con migliaia di utenti che usavano ChatGPT per creare immagini in stile anime partendo da foto reali. Un fenomeno che aveva già acceso il dibattito su proprietà intellettuale e limiti delle tecnologie generative.
Silenzio da OpenAI, ma cresce l’allarme in Giappone
Per ora, da parte di OpenAI non è arrivata nessuna risposta ufficiale alla lettera della Coda. Fonti vicine all’azienda dicono che il tema del copyright è al centro di continui confronti con i partner internazionali. Intanto, però, in Giappone la preoccupazione aumenta. “Se non si interviene subito – ha detto un portavoce di Shueisha – rischiamo di vedere le nostre opere diffuse senza controllo e senza riconoscimenti per gli autori”. La richiesta degli editori è netta: uno sviluppo responsabile dell’intelligenza artificiale che non calpesti i diritti dei creatori.
Il difficile equilibrio tra innovazione e tutela
La questione sollevata dalla Coda mette in luce un problema aperto: come bilanciare l’innovazione tecnologica con la protezione della proprietà intellettuale? Gli editori giapponesi chiedono regole chiare e trasparenza, mentre le aziende tech sostengono la necessità di usare grandi quantità di dati per migliorare i propri sistemi. Solo un confronto serio e costruttivo tra le parti – dicono gli esperti – può evitare nuovi scontri e garantire insieme il progresso dell’intelligenza artificiale e la difesa dei diritti degli autori. Per ora, la partita è ancora tutta da giocare.