Stoccolma, 26 ottobre – Si è spento sabato 25 ottobre Björn Andrésen, attore e musicista svedese conosciuto in tutto il mondo per il ruolo di Tadzio in “Morte a Venezia” di Luchino Visconti. Aveva 70 anni. La notizia è stata confermata al quotidiano Dagens Nyheter da Kristian Petri, regista insieme a Kristina Lindström del documentario “The Most Beautiful Boy in the World”, uscito nel 2021 e dedicato proprio a lui. Non è stata resa nota la causa della morte.
Quando tutto cominciò: il ragazzo scelto da Visconti
Nato a Stoccolma nel 1955, Andrésen aveva solo quindici anni quando Visconti lo scelse per interpretare Tadzio, il giovane che affascina Gustav von Aschenbach (Dirk Bogarde) nel film tratto dal romanzo di Thomas Mann. Era il 1971. La prima mondiale si tenne a Londra, tra i flash dei fotografi e l’attenzione dei media internazionali. Visconti lo definì senza mezzi termini “il ragazzo più bello del mondo”. Un’etichetta che, come Andrésen ha raccontato più volte, si trasformò presto in un peso difficile da sopportare.
“Mi sentivo come un animale esotico in gabbia”, aveva detto al Guardian nel 2003. E in un’intervista più recente con lo stesso giornale aveva confessato: “Se Visconti fosse ancora vivo, gli direi di andare al diavolo”. Parole che raccontano bene il disagio e la rabbia di quegli anni.
La fama che diventa trappola
Dopo “Morte a Venezia”, la vita di Björn Andrésen cambiò in modo radicale. Da promessa del cinema europeo, divenne un personaggio spesso sotto i riflettori, ma non sempre in modo positivo. Secondo quanto riportato da The Hollywood Reporter, Visconti evitò di avere altri rapporti con lui dopo la promozione del film. Andrésen si trovò così solo a gestire una notorietà che non aveva cercato.
La sua bellezza androgina – capelli biondi, lineamenti delicati – ispirò persino Lady Oscar, la protagonista dell’omonimo manga giapponese di Riyoko Ikeda. Un segno di quanto il suo volto abbia superato i confini europei.
Tra alti e bassi, il ritorno sul grande schermo
La carriera di Andrésen non è mai stata lineare. Dopo il debutto con Visconti, ha recitato in pochi altri film, dedicandosi soprattutto alla musica. Ha attraversato periodi difficili, segnati da depressione e dalla difficoltà di trovare il proprio posto nel mondo dello spettacolo. Solo nel 2019 è tornato a farsi notare con un piccolo ruolo in “Midsommar – Il villaggio dei dannati”, l’horror di Ari Aster.
Nel documentario “The Most Beautiful Boy in the World”, presentato al Sundance Film Festival, Andrésen si raccontava senza filtri, parlando delle ombre della sua giovinezza e del peso di una fama vissuta come una condanna. “Non ho mai voluto essere un simbolo”, spiegava, con voce bassa e uno sguardo sfuggente.
Un’eredità difficile da definire
La morte di Björn Andrésen chiude una storia segnata da luci e ombre. In Svezia, dove viveva ancora a Stoccolma, la notizia ha suscitato reazioni misurate ma sincere. “Era una persona gentile, riservata”, ha ricordato Kristian Petri, che negli ultimi anni ha lavorato a stretto contatto con lui per il documentario.
Il suo volto resta impresso nella memoria collettiva: quello di un adolescente fragile, diventato icona suo malgrado. Ma dietro quell’immagine c’era un uomo che ha passato la vita a cercare di sfuggire agli stereotipi e alle aspettative altrui. Solo così si può davvero capire chi fosse Björn Andrésen.
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