Negli ultimi mesi, la questione del coinvolgimento degli uomini nei centri contro la violenza di genere ha suscitato un acceso dibattito nel panorama dell’associazionismo femminista italiano. La recente espulsione dell’associazione Artemisia di Firenze dalla rete D.i.Re — acronimo di Donne in Rete contro la Violenza — ha messo in evidenza le tensioni esistenti all’interno di questo movimento. Artemisia, una realtà storica attiva da oltre trent’anni, ha scelto di accogliere sette uomini tra i suoi membri, una decisione che ha portato a una frattura significativa e a una serie di reazioni contrastanti.
la decisione di artemisia
Artemisia ha motivato la sua scelta di includere uomini nel proprio statuto con l’intento di promuovere modelli maschili positivi e coinvolgere gli uomini nelle attività di sensibilizzazione e formazione, in particolare nelle scuole. Questi sette soci maschi non assistono direttamente le vittime, ma si dedicano ad attività educative per contrastare i modelli patriarcali e promuovere una cultura di rispetto e parità. Tuttavia, la rete D.i.Re ha considerato questa scelta incompatibile con il proprio statuto, che prevede che i centri aderenti siano esclusivamente femminili.
la reazione della rete d.i.re
A marzo, D.i.Re aveva già sospeso Artemisia, avviando un procedimento di esclusione che si è concluso con l’espulsione ufficiale, avvenuta senza alcun voto contrario e con sole sette astensioni. La presidente di D.i.Re, Cristina Carelli, ha dichiarato: «Artemisia ha scelto di aprire il corpo associativo anche agli uomini. È una scelta legittima, ma contraria ai principi costitutivi della nostra rete». Questo episodio ha messo in luce le diverse visioni all’interno del movimento femminista riguardo al ruolo degli uomini nella lotta contro la violenza di genere.
il sostegno a artemisia
Da parte sua, Artemisia si difende affermando che il coinvolgimento degli uomini nella lotta contro la violenza di genere è fondamentale. La presidente dell’associazione, Elena Baragli, ha sottolineato: «Coinvolgere uomini in attività di prevenzione e sensibilizzazione significa mostrare che esistono modelli positivi di maschilità, lontani da violenza e dominio». Secondo Baragli, la presenza maschile non snatura, ma anzi rafforza la missione dei centri antiviolenza, affermando che «il contrasto alla violenza non può essere solo un affare delle donne».
Il dibattito si inserisce in un contesto più ampio, dove la lotta contro la violenza di genere rimane una priorità. Le statistiche sui femminicidi e sulle violenze domestiche in Italia continuano a essere allarmanti, con oltre 100 femminicidi registrati nel 2022, secondo i dati del Ministero dell’Interno. Questo scenario complesso richiede un approccio multifattoriale e un impegno collettivo per affrontare questa drammatica realtà.
In conclusione, la questione del coinvolgimento degli uomini nei centri antiviolenza continua a generare dibattito e divisioni. Mentre Artemisia sembra intenzionata a proseguire per la propria strada, affermando che «gli statuti si possono cambiare» e che l’associazione ha già piantato «semi per il cambiamento», il futuro della lotta contro la violenza di genere richiede una riflessione profonda e un impegno condiviso da parte di tutta la società.